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Esame di un mondo con tanta salute
Se le ultime settimane di dicembre registrano un diluvio di previsioni e outlook per l'anno successivo, le prime di gennaio vedono un’altrettanto ricca cornucopia di consuntivi sull'annata appena terminata. Non tutte fra esse ovviamente sono particolarmente interessanti, ma in diversi casi ci si imbatte in alcune informazioni di notevole importanza.
È ciò che capita nel ricevere una semplice tabella di Deutsche Asset Management che scompone la performance del mercato equity mondiale nel 2017 in incremento dei profitti, dividendi e cambiamento delle valutazioni in termini di P/E, per arrivare così al total return. Questa suddivisione è stata applicata alle quattro macro-aree comunemente utilizzate quando si parla di azionario globale: Usa, Europa, Giappone ed emergenti, un insieme che copre quasi tutta la capitalizzazione del mondo, dal momento che rimangono fuori essenzialmente solo alcune nazioni di frontiera, Australia, Canada e Nuova Zelanda.
Nello specifico gli indici utilizzati sono stati l'Eurostoxx 50 per il Vecchio Continente, l’Msci Japan per il Sol Levante, l'S&P 500 per gli Stati Uniti e l’Msci Emerging Markets per i mercati delle nazioni in via di sviluppo.
Queste ultime sono state le vere star del 2017, con una crescita annuale in dollari di oltre il 37%, l'incremento maggiore dal 2009. In seconda posizione troviamo l'S&P 500 con +21,8%. A seguire il Giappone con una risalita in valuta locale del 20% circa; poi, infine, l'Europa con circa +10%. Ovviamente, a parte gli emergenti, i dati sono in valuta locale e, se dovessimo equalizzare tutto al biglietto verde, otterremmo un ranking ben diverso.
L'aspetto interessante però è la scomposizione nei vari fattori di rendimento: in questo caso scopriamo che la crescita degli utili aziendali maggiore si è avuta nel caso dell’Msci Emerging Markets, con un valore superiore al 31%. I mostruosi risultati di colossi come Alibaba, Tencent e Samsung Electronics sicuramente hanno influito, e non poco, in questo caso. Al secondo posto vi è invece il Giappone con +30%, al terzo l'Europa con circa +15%; buona ultima l'America, che per i quattro trimestri del 2017 dovrebbe mettere a segno un aumento dei risultati societari fra il 12% e il 13%. Il differenziale nei dividendi fra le varie aree non è tale da alterare significativamente il ranking.
In compenso vi è una forte differenza fra performance complessiva e sviluppo dei profitti. In pratica vi è stata un'oscillazione nelle valutazioni marcatissima in giro per il mondo. All'interno di un anno fantastico gli investitori hanno spinto al rialzo con diverse intensità rispetto ai fondamentali i vari listini. Nello specifico vediamo che l'espansione dei multipli ha contribuito alla sequela impressionante di record dell'S&P 500 per oltre il 7%. In pratica l'equity più caro del pianeta, supportato da un'economia e da un telaio di aziende sì possenti ma anche in una fase molto più avanzata del ciclo, è anche quello in cui le metriche di valutazione continuano a espandersi in maniera sempre più marcata. Gli emergenti sono poi l'altro gruppo che ha visto un aumento delle valutazioni, seppure modesto.
Il Giappone in compenso ha visto il proprio P/E restringersi di circa 12 punti percentuali, proprio mentre i colossi locali sembrano scoppiare di salute. Per quanto riguarda invece l'Eurostoxx 50, se non ci fossero stati i dividendi, la riduzione del P/E avrebbe portato a una performance complessiva intorno a +7%. Da questi semplici dati si può ricavare una serie di spunti che andremo ad analizzare le prossime volte. Certo che ancora una volta appare difficile sostenere la tesi della razionalità degli investitori, almeno in apparenza.