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Pro e contro la riforma fiscale Usa
Alcuni esperti sostengono che gli effetti della riforma fiscale voluta da Donald Trump daranno nuova linfa alla crescita statunitense. Altri sono più pessimisti e ripongono l’attenzione sull’aumento del deficit.
Secondo Olivier De Berranger, chief investment officer di La Financière de l’Echiquier, dando maggior potere d’acquisto ai loro dipendenti le aziende stimolano la domanda e reinvestono l’equivalente dei tagli fiscali per far ripartire l’offerta. Due effetti che non mancheranno, a breve, di sostenere la crescita americana.
L’altra conseguenza è relativa all’inflazione. Uno dei prerequisiti per un forte rialzo dei prezzi al consumo è un incremento salariale visibile, quasi del tutto assente finora negli Stati Uniti, nonostante la disoccupazione si attesti al 4%. Oltre all’impatto della digitalizzazione dell’economia sull’inflazione e i salari, va evidenziato il rialzo del salario mediano americano, ovvero di chi ha un’occupazione stabile. Per giunta, grazie ai molti posti di lavoro creati negli ultimi trimestri parecchie persone, che si erano allontanate dal mondo del lavoro da tempo, si sono riaffacciate sul mercato accettando condizioni economiche tutt’altro che generose. Poiché il secondo fenomeno compensa il primo, potremmo avere l’impressione che il costo unitario del lavoro non aumenti.
Berranger sostiene che la ridistribuzione derivante dal nuovo scenario fiscale interessa, perlopiù, i salari più bassi. Coloro che si sono di recente reinseriti sul mercato del lavoro a condizioni penalizzanti potrebbero registrare un aumento significativo dei loro redditi. Il passaggio da 9 a 11 dollari del salario orario minimo in Walmart corrisponde a un rialzo del 22%. L’effetto forbice potrebbe avere una grande portata, amplificando i salari e – meccanicamente – l’inflazione.
Si giustifica così uno dei principali focus del team di La Francaise per il 2018: un’inflazione sottostimata che potrebbe accelerare più velocemente del previsto e provocare una reazione aggressiva delle banche centrali. I mercati continuano ad anticipare due soli rialzi della Fed nel 2018 mentre quest’ultima ne annuncia tre. Non è escluso, secondo il team, che se si dovessero materializzare i fenomeni descritti, i rialzi siano poi quattro … e nemmeno che il processo di normalizzazione della banca centrale si prolunghi oltre il 2019.
Ed Perks, chief investment officer di Franklin Templeton multi-asset solutions, si dice certo che la nuova legge fiscale aumenterà le dimensioni del deficit federale statunitense; alcune stime prevedono un incremento del deficit di 1 trilione di dollari statunitensi (a causa di un minore gettito fiscale federale) nel prossimo decennio. Sebbene l’impatto effettivo di un maggiore deficit federale derivante dalla riforma fiscale dipenderà in parte dal grado di rafforzamento della crescita del PIL statunitense, aumento dei redditi e maggiore gettito delle imposte federali che l’imposta stessa indurrà nell’economia del paese, Perks ritiene che l’esito probabile sarà un incremento dei tassi d’interesse statunitensi a lungo termine.
Le prospettive di aumento del deficit coincidono con la decisione della Fed di ridurre il proprio bilancio, mentre parecchi acquirenti primari di Treasury Bond (ad es. governi esteri, banche centrali asiatiche e paesi produttori di petrolio) hanno ridotto i loro acquisti. A fronte del maggiore debito che i mercati globali devono assorbire, ci si deve chiedere se gli attuali livelli dei rendimenti siano abbastanza alti da attirare acquirenti. Secondo le previsioni del team di Templeton, i rendimenti dovranno salire allo scopo di trovare un equilibrio tra domanda e offerta.
La probabilità che gli stimoli esercitati dalla riforma fiscale su una continua espansione economica alla fine contribuiscano a un contesto inflazionistico supporta anch’essa la previsione di aumento dei tassi. Molteplici fattori, anche al di là della politica fiscale, hanno creato le condizioni per un aumento dell’inflazione nei prossimi due anni. A giudizio del gestore, in una fase in cui la Fed riduce il proprio bilancio da livelli senza precedenti, eventuali incertezze del mercato potrebbero avere un enorme impatto sulle valutazioni obbligazionarie. Pertanto, il money manager ritiene che gli investitori abbiano motivo di essere prudenti circa i potenziali rendimenti dei titoli del Tesoro di lungo termine.