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Usa: i primi ordini esecutivi di Trump

Dopo la rielezione di Trump, i rendimenti obbligazionari sono aumentati, nonostante la politica espansiva della Fed. Le aspettative di un taglio dei tassi sono state riviste al ribasso, da 125 a 25 punti base, a causa dei crescenti dubbi sull’inflazione e sugli effetti della politica fiscale.

29/01/2025
donald trump presidente usa in comizio
Analisi dei primi ordini esecutivi di Donald Trump

Gli Stati Uniti, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, sono chiamati ad affrontare un periodo di volatilità politica ed economica, con rapidi cambiamenti e negoziazioni internazionali che aumentano le incertezze. Le sfide fiscali – secondo Scope Ratings, l’agenzia di rating europea - sono accentuate dalla crescente polarizzazione politica, da un livello insostenibile del debito pubblico e dall’aumento dei tassi di interesse, che minacciano la stabilità del rating creditizio. Tuttavia, il Paese conserva vantaggi significativi, come il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale e la profondità dei suoi mercati dei capitali, che garantiscono finanziamenti stabili e competitivi.

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Corrette le attese per l’inflazione

Sono tutti fattori che continuano ad alimentare la fiducia degli investitori e la posizione economica degli Stati Uniti nel mondo. Intanto, l’impatto della rielezione del tycoon sui mercati è stato rilevante: i rendimenti obbligazionari sono aumentati, benché la Fed abbia portato avanti (nel secondo semestre 2024) una politica espansiva. Questa reazione, secondo gli osservatori, riflette una netta revisione delle aspettative sul futuro della politica monetaria Usa: se prima il mercato incorporava per quest’anno un complessivo taglio dei tassi di 125 punti base, ora questa stima si è ridotta a un solo taglio di 25 pb. La correzione è legata ai crescenti dubbi del mercato circa la dinamica dell’inflazione.

Le prime misure di Trump meno aggressive del previsto

Intanto, gli esperti prendono le misure ai primi ordini esecutivi firmati da Trump: azioni che, secondo il Global Asset Allocation team di T. Rowe Price, si sono rivelate meno aggressive di quanto il mercato temesse e di quanto la campagna elettorale aveva lasciato presagire. Per esempio, nonostante Trump abbia annunciato l'intenzione di introdurre dazi fino al 25% su Messico e Canada entro il primo febbraio, l'assenza di azioni immediate al riguardo suggerisce che il suo approccio sarà probabilmente più pragmatico che idealistico. È probabile che utilizzi le tariffe come leva per negoziare condizioni commerciali più vantaggiose, il che implica che un significativo aumento dei dazi potrebbe essere evitato.

La stretta correlazione immigrazione-inflazione

La nuova Amministrazione – come promesso in campagna elettorale - ha rapidamente introdotto diverse misure focalizzate sulla riforma dell'immigrazione, con particolare attenzione alla proposta che punta ad abolire la cittadinanza automatica per nascita. Tuttavia, secondo il team di T. Rowe Price, alcune di queste iniziative – come è già emerso in alcuni Stati - potrebbero incontrare ostacoli legali e la loro implementazione potrebbe risultare complessa, rendendo difficile prevedere con certezza l'effetto finale.

Ancora pressione sui rendimenti dei bond

Gli esperti, pur riconoscendo che la riforma dell'immigrazione potrebbe esercitare una pressione al rialzo sull'inflazione, ritengono che sia improbabile che tale effetto si manifesti nel breve periodo. Tuttavia, precisano, l'incertezza riguardo agli sviluppi a lungo termine potrebbe influenzare le aspettative inflazionistiche, continuando a esercitare una pressione sui rendimenti obbligazionari a lungo termine. L’implementazione eventuale di norme più rigide sull’immigrazione potrebbe comunque alterare le dinamiche del mercato del lavoro e i flussi migratori (spesso legati alla manodopera a basso costo), con conseguenti effetti sui costi operativi delle imprese e sui salari.

Produttori di greggio Usa poco propensi ad alzare output

Da parte dell’Amministrazione Trump 2 è stato annunciato anche l’intento di eliminare ‘‘tutte le norme che gravano ingiustamente sulla produzione e sull'uso dell'energia’’, con l’obiettivo di ridurre i prezzi del petrolio tramite un aumento dell’offerta. Tuttavia, gli esperti di T. Rowe Price sono scettici riguardo agli effetti concreti che queste misure potrebbero avere sui prezzi dell'energia nel medio e lungo termine. I produttori di energia Usa hanno già fatto sapere di essere riluttanti a incrementare significativamente l’offerta, temendo che una sovrapproduzione possa portare a un eccesso di offerta sul mercato, con il rischio di abbassare i prezzi e danneggiare i loro margini.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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