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Un anno incerto per gli high yield bond
Quando le condizioni monetarie si fanno più severe, il segmento del credito tende a essere il primo a sentire le avversità monetarie perché è più vulnerabile ai fattori monetari per la parte del debito.
Ecco perché le obbligazioni societarie con rating basso sono anche considerate “canarini nelle miniere di carbone”, ovvero indicatori per l’andamento del mercato più in generale. Nel frattempo, in questo contesto, il mercato azionario può ancora mostrare rendimenti interessanti dato che tipicamente non è interessato prima che la stretta monetaria abbia effetti sulla crescita e di conseguenza sugli utili. Quindi, dato che la Fed sta applicando una stretta monetaria e altre banche centrali stanno diventando meno accomodanti, la volatilità sta salendo e l’aria si sta facendo rarefatta per le obbligazioni ad alto rendimento. I movimenti nervosi visti di recente in questa parte del mercato potrebbero essere un primo segnale di questo.
Meno stretta monetaria significa più volatilità quindi gli spread del mercato ad alto rendimento dovrebbero continuare a divaricarsi nel 2018. I default sono già molto bassi se paragonati ai livelli di debito. Per ora lo scarto tra debito e default è stato colmato da politiche monetarie straordinariamente allentate. Ma nel momento in cui la Fed alza i tassi e riduce il suo bilancio, ci si deve aspettare che i default crescano e che il ciclo di credito cambi. Sembra che la stretta monetaria abbia ora raggiunto la massa critica necessaria per aprire gli spread.
E’ probabile che il percorso intrapreso dalla Fed non porterà a un peggioramento dei fondamentali di credito degli emittenti high yield US. In primo luogo perché si tratta di una fase di normalizzazione dei tassi dopo anni di politica monetaria estremamente accomodante; in secondo luogo perché il graduale rialzo dei rendimenti riflette le solidità delle prospettive di crescita dell’economia americana, dove pertanto anche la dinamica degli utili aziendali dovrebbe rimanere favorevole. Per queste ragioni molti esperti si aspettano che il tasso di default rimanga stabilmente al di sotto del 3% – con un miglioramento evidente soprattutto nei settori commodity e retail – e che anche la dinamica dei rating possa mantenere l’attuale tendenza positiva.
E’ tuttavia innegabile che, in relazione alla fase avanzata del ciclo US, alcuni emittenti ancora molto indebitati e con elevate esigenze di rifinanziamento, possano essere più sensibili di altri all’aumento dei tassi. Di qui la necessità di essere molto selettivi. L’inflazione aumenterà gradualmente fino all’obiettivo target della Fed, che dovrebbe consentire alla Banca centrale di aumentare i tassi di interesse a ritmo misurato.
Questi aumenti dei tassi dovrebbero sostenere la crescita dell’economia contribuendo alla stabilità del credito e a bassi tassi di insolvenza. Un’impennata dell’inflazione potrebbe cambiare il calcolo della Fed. Un’inflazione più elevata potrebbe costringere la Fed ad attuare aumenti dei tassi più frequenti e / o più ampi. In questo caso di rischio, tassi significativamente più alti potrebbero in ultima analisi rallentare l’economia.
Questo potenziale rallentamento economico potrebbe influire negativamente sulla qualità del credito, il che comporterebbe un downgrade del rating del credito e un tasso di default più elevato. Tuttavia, il base-case preso in considerazione dalla maggior parte dei team di gestione è che la crescita economica persisterà, l’inflazione sarà moderata e gli aumenti dei tassi graduali. Pertanto non prevediamo un notevole aumento delle percentuali di default.