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Le chance delle azioni europee nello scenario globale
In generale, i principali listini europei sono oggi appetibili in termini di valutazioni: costano infatti circa 13/14 volte gli utili di quest’anno e beneficiano del miglioramento della crescita economica in atto
A livello globale, l'inizio di anno non semplice deve essere bilanciato con il fatto che l’indice MSCI World è aumentato in ciascuno degli ultimi sei anni. L’ultimo periodo ininterrotto di sei anni di aumenti annuali per questo indice è stato tra il 1980 e il 1986. Alcuni commentatori sosterrebbero che una battuta d’arresto era attesa da tempo.
Ora siamo a un punto di transizione. L’amministrazione statunitense è risolutamente in una fase di stretta monetaria e il suo deflusso misurato di liquidità si basa sull’ipotesi che l’economia americana sia ancora una volta forte abbastanza da potersi reggere sulle proprie gambe. Si tratta di una buona notizia che offre agli investitori la prospettiva di un ciclo economico esteso. Ma significa anche che i mercati dovranno fare i conti con un periodo di aggiustamento dai tassi reali negativi alla normalità, dopo quasi un decennio di sostegno artificiale.
C’è una forte correlazione storica tra i rendimenti obbligazionari più elevati e livelli più bassi dei mercati azionari. Siamo attualmente in questa fase, ma poiché veniamo da livelli così bassi (con rendimenti obbligazionari negativi), si tratta di un processo molto graduale con potenti contraccolpi.
E poi c’è la questione dell’Europa. Spesso considerata il grande malato sulla scena mondiale, l’Europa si sta riprendendo bene. La crescita economica è più ampiamente distribuita in tutta l’area, il sistema finanziario è a buon punto su un percorso di miglioramento e la fiducia è elevata. Molte delle azioni europee sono soggette a forti sconti rispetto agli stessi titoli internazionali, offrendo così all’investitore globale un’alternativa value alle azioni statunitensi.
Ci sono diversi motivi per cui, recentemente, i mercati azionari europei hanno sottoperformato i mercati statunitensi. In primis, la composizione degli indici stessi: negli Stati Uniti, le società del comparto tecnologico pesano per circa il 25% del paniere, contro solo il 5% dei listini europei. I titoli legati al settore della tecnologia, come abbiamo visto hanno trainato i mercati azionari americani a inizio anno.
Un’altra ragione risiede nel boost valutario e fiscale: le multinazionali Usa sono state avvantaggiate dalla svalutazione del dollaro e dalla riforma fiscale, che riduce la pressione sugli utili relativi alle attività svolte a livello domestico e consente il rimpatrio degli utili registrati all’estero. Questi fattori hanno avuto un effetto concreto sulla redditività delle aziende, ma anche un impatto psicologico: gli analisti di tutto il mondo hanno rivisto al rialzo le aspettative sui profitti negli Stati Uniti e appaino tuttora piuttosto ottimisti, prospettando un aumento dei profitti del 16% nei prossimi 12 mesi.
La forza dell’euro, invece, ha spinto gli analisti ad assumere un atteggiamento piuttosto cauto sull’azionario europeo. Anche se gli utili operativi delle aziende quotate in Europa sono saliti del 12% (e in alcuni listini come quello italiano e spagnolo hanno superato il 20%), le aspettative per i prossimi 12 mesi sono di un incremento dei profitti intorno all’8%.
In conclusione, si può affermare che fattori esogeni (cambio euro/dollaro e riforma fiscale) e strutturali (ovvero il peso delle aziende tecnologiche sui listini) hanno giocato un ruolo importante in questi mesi.