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Gli italiani e la pensione, pericoli in vista
Gli italiani sono largamente e tradizionalmente riconosciuti a livello mondiale come un popolo di grandi e prudenti risparmiatori. Proprio in questi giorni da una ricerca condotta dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo è emerso che l’area del non-risparmio, ossia delle famiglie che non hanno messo da parte alcunché nei dodici mesi precedenti l’Indagine, si è ristretta dal massimo storico del 61,3% degli intervistati nel 2012 al 52,7% nel 2018. Dai primi risultati della ricerca annuale pubblicata da Schroders Global Investor Study 2018 condotta in 30 paesi su un campione di oltre 22.000 persone, emerge tuttavia, da parte dei nostri connazionali un ritardo nell’iniziare per tempo ad accantonare una percentuale di reddito adeguata in vista dell’età della pensione.
Gli italiani non pensionati, infatti, pur ritenendo in media di dover destinare al loro benessere futuro il 12,5% delle loro entrate al fine di riuscire a condurre una vita confortevole, stanno accantonando a questo scopo solo il 9,8%. Si differenziano così dai risparmiatori degli altri paesi europei che, a fronte di uno stesso livello di fabbisogno stimato (12,6%), accantonano mediamente il 10,5%. Allargando poi l’osservazione a livello globale, sale non solo la percentuale di accantonamento (12,2%), ma anche il livello di risparmio avvertito come adeguato per potere vivere confortevolmente (14,4%).
Una motivazione può essere individuata confrontando le aspettative degli intervistati nei diversi paesi in tema di reddito in età pensionistica. Gli italiani prossimi alla pensione ritengono infatti che per vivere confortevolmente avranno bisogno di quasi l’80% (79,8%) dello stipendio percepito in età lavorativa, mentre quelli già pensionati dichiarano di ricevere il 73,7%. Un gap che in ogni caso aumenta ulteriormente a livello europeo dove, a fronte di un’aspettativa media di fabbisogno del 72,4%, quanto effettivamente percepito si ferma al 63%, e ancor più a livello globale, dove in media si rileva un’aspettativa del 73,9% contro il 60,8% di reddito effettivamente percepito.
Dallo studio emerge inoltre che mentre gli italiani non ancora in pensione stimano che le spese basilari per vivere in età pensionistica incideranno sul reddito complessivo per il 37% (35% per gli europei e 34% a livello globale), chi è già in pensione dichiara di dover destinare a tali spese in media il 53% (50% gli europei e 49% a livello globale).
Non a caso, focalizzando l’attenzione sugli italiani già pensionati, che quindi verosimilmente beneficiano ancora almeno in buona parte del precedente sistema pensionistico, si rileva che solo il 35% dei partecipanti si dichiara pienamente soddisfatto del reddito percepito in pensione (43% la media europea e 42% a livello globale): un ulteriore argomento che dovrebbe spingere le persone ancora lavorativamente attive, in Italia ma non solo, a programmare per tempo il loro reddito per il momento in cui usciranno dal mondo del lavoro.
Di conseguenza, in ragione di un reddito complessivo in età post lavorativa giudicato insufficiente, dalla ricerca di Schroders emerge che i pensionati intervistati destinano agli investimenti il 22% delle proprie disponibilità, gli europei il 18% mentre a livello globale la percentuale sale al 19%. Si tratta di percentuali molto elevate se comparate con quanto dichiarato da chi è ancora attivo nel mondo del lavoro che, proiettandosi nel tempo della pensione, stima di poter limitare gli investimenti a una minima parte del proprio patrimonio: 9% gli italiani, 8% gli europei e 9% a livello globale.