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Un’estate tranquilla per la Bce
Gran parte della relazione introduttiva corrispondeva quasi con quella fatta nel mese precedente. Notevole è stata l’enfasi sull’orientamento volto a mantenere invariati i principali tassi di interesse almeno fino all’estate del 2019
La buona notizia è che nonostante le incertezze del protezionismo, la BCE vede l’economia nella zona euro in buona salute e ha confermato le sue proiezioni. I rumors di mercato relativi a un possibile annuncio riguardante la procedura per il reinvestimento delle obbligazioni in scadenza come previsto non sono state soddisfatte.
Avendo offerto una significativa guidance politica e di vasta portata nell’ultimo meeting, la BCE non ha avuto bisogno agitare i tranquilli mercati estivi. Nonostante stia diventando sempre più chiaro che i deludenti dati del primo trimestre avessero un carattere temporaneo e che la crescita sia ancora solida, l’inflazione è lontana dal proprio target del 2% e le prospettive per l’Eurozona sono leggermente offuscate dal possibile incremento delle barriere commerciali. In questo contesto, la cautela mostrata in merito alla normalizzazione della politica monetaria sembra più che giustificata.
Il team di Goldman Sachs si aspetta il primo aumento dei tassi verso la fine del 2019, sebbene il bilanciamento dei rischi sia orientato verso una mossa successiva. Oltre a ciò, il team si aspetta un ulteriore rialzo dei tassi per riportare il tasso ufficiale allo 0%, ma ritiene che ci sia poco margine date le prospettive di inflazione modesta. Il rischio ridotto di deflazione garantisce una certa normalizzazione della politica monetaria, ma la “low-flation” richiederà un’estensione della politica monetaria accomodante. Certamente la decisione spetterà al successore di Mario Draghi a novembre del prossimo anno.
Sei anni fa l’eurozona sperimentava una crisi cardiorespiratoria a causa della crisi del debito che colpì in modo severo la Spagna e l’Italia. La crisi della Spagna, la quarta economica dell’area, fu talmente grave da mettere in discussione l’esistenza della stessa Unione europea e quella della divisa unica. Fu allora che Mario Draghi, arrivato da non molto tempo alla guida della Bce, dovette tirare fuori dal cilindro la determinazione e il coraggio per provare a rianimare il progetto europeo. Draghi lo fece pronunciando parole lontane dal tono tradizionalmente usato dai banchieri centrali. ‘Farò tutto quello che sarà necessario e credetemi, sarà sufficiente’. Una frase entrata da tempo nella storia.
E fu suffciente. Da quel momento in poi la rilevazione dei dati che fotografano lo stato di salute dei principali indicatori dell’eurozona ha iniziato a rilevare continui miglioramenti.
L’iniezione di liquidità nel sistema ha offerto una serie di benefici per l’eurozona. Tra questi, il più importante è stato l’impatto limitato di un cigno nero del calibro della Brexit, seguito dalle crisi politiche che hanno coinvolto alcuni stati dell’Ue.
Dal punto di vista degli investitori, i benefici si sono visti sia sul versante obbligazionario (con un calo continuo dei rendimenti che ha premiato le quotazioni dei titoli), sia da quello azionario (con l’indice Eurostoxx 50 che ha recuperato il 60% rispetto ai minimi registrati a luglio del 2012. Nello stesso periodo, l’indice Cac della Borsa di Parigi e il Dax di Francoforte hanno messo a segno rivalutazioni superiori al 90%.