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Diversificare con il Nasdaq
Fine agosto si è chiuso con l'ennesimo record del Nasdaq composite, che è andato a posizionarsi in chiusura sopra quota 8.109, in rialzo di circa il 17,5% nel corso del 2018 (in termini di price return).
Questo indice, come suggerisce il nome, raccoglie tutte le azioni del Nasdaq, fra cui la maggior parte dei colossi dell'It e delle biotecnologie. A fornire il sostegno fondamentale all'ulteriore gamba di rialzi non sorprendentemente è stata proprio l'information technology. Quest'ultima ormai conta per quasi il 60% del totale della capitalizzazione di un benchmark che include aziende di ogni tipo, come rilevanti player dell'agroalimentare e gruppi finanziari di rilevanza regionale.
È però tutto ciò che è legato alla digitalizzazione di ogni piega economica (incidentalmente questo fenomeno si sta facendo enormemente sentire anche per quanto riguarda il processo di ricerca e sviluppo del biotech) a essere ancora immerso in un bull market infinito, sia in termini assoluti, sia relativi. Il paragone con l’S&P 500, ad esempio, è impietoso: dopo qualche trimestrale a fine luglio che ha causato un minimo di rotazione settoriale, agosto ha ristabilito le solite gerarchie cui siamo abituati. Infatti nel corso del mese appena trascorso il Nasdaq composite ha visto un aumento dei propri corsi intorno al 5,7%, a fronte del pur ottimo +3% circa registrato dal principale benchmark dell'equity statunitense. Quest'ultimo dall'inizio dell'anno si trova in rialzo di poco meno del 8,5%, che diventa circa +10% in termini di total return.
In verità non servono complicati calcoli econometrici per comprendere quanto accaduto: basta sovrapporre un grafico dell’S&P Information Technology con quello del Nasdaq Composite per avere una corrispondenza quasi esatta. Nell’S&P It vi sono peraltro grandi aziende che sono quotate al Nyse anziché al Nasdaq, ma resta il fatto che è da li che arriva l'alfa.
Il discorso si può tranquillamente estendere a un periodo temporale più ampio e vale la pena prendere l'andamento dei due indici negli ultimi cinque anni: questo arco di tempo rappresenta quella che potremmo chiamare la fase matura del bull market secolare che abbiamo vissuto, caratterizzata dalla fine della recessione in Europa, dall'avvio del Qe in Europa, dal graduale abbandono di quello americano, dal boom dell'internet cinese e dall'Abenomics in Giappone.
E anche in tale periodo l'andamento dell’S&P It e del Nasdaq Composite è praticamente sovrapponibile in maniera perfetta con però una significativa sovra-performance da parte della tecnologia. Complessivamente, infatti, il primo dei due indici ha visto un aumento del 162% mentre il secondo si è fermato a +121%.
Avrebbe a questo punto senso ampliare il proprio spettro di investimenti sull'interezza del Nasdaq? La risposta è in generale sì, per ovvie ragioni di diversificazione. Qualche settimana fa abbiamo visto che la volatilità in ambito It può essere brutale e imprevedibile, specialmente a fronte di una comunità di investitori che si aspetta risultati sempre più fantasmagorici.
Il Nasdaq Composite in compenso offre circa 200 azioni biotech, che rappresentano l'altro grande tema growth strutturale, per di più a valutazioni convenienti e attualmente finalmente in una fase di ripresa. A ciò si aggiunge un ampio comparto dei servizi finanziari, che presenta comunque buone caratteristiche cicliche nei confronti dell'economia americana. In pratica, pur all'interno di un paradigma di scelte di investimento caratterizzate da una forte esposizione a quello che è il modello economico americano attuale, si riesce a limitare un po’ la volatilità.
È infatti interessante notare che il Composite ha vissuto lo scorso inverno un drawdown inferiore a quello dell'S&P 500, fermandosi a -9,5% e schivando così l'entrata in una correzione tecnica: pensare ad alternative al di fuori di certi nomi e temi all'interno degli Usa oggi appare difficile, quanto meno però si può evitare di mettere tutte le uova in un paniere.