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Lunga vita al dollaro
La moneta di riferimento internazionale, ovvero la moneta dominante, dovrebbe essere quella del paese con una forza politica dominante. La valuta statunitense ha tutte le carte in regola
La questione della dipendenza dal dollaro, un tema ricorrente, è tornata nuovamente alla ribalta quando gli Stati Uniti hanno applicato le sanzioni contro l’Iran, spingendo anche le imprese europee a chiudere le loro porte sotto la pressione degli Stati Uniti. Un eventuale mancato rispetto di queste sanzioni, non solo influirebbe sull’accesso di queste società al vasto mercato interno statunitense, ma ridurrebbe anche il loro accesso a finanziamenti denominati in dollari, con conseguenze disastrose. È quindi interessante valutare la possibilità di creare una fonte alternativa di finanziamento e l’euro sarebbe un candidato ideale per questo tipo di sistema.
Ciò modificherebbe radicalmente l’attuale architettura finanziaria con il passaggio a un sistema multipolare rispetto all’attuale assetto, che dipende in larga misura dal dollaro. Un assetto multipolare coinvolgerebbe diverse aree geografiche, ciascuna con la propria valuta di riferimento, cioè la valuta del paese dominante nell’area. Ciò significherebbe un sistema di tassi di cambio a due livelli: un sistema locale con la valuta di ciascun paese dell’area ancorata alla valuta di riferimento della stessa area e un assetto globale comprendente le valute di riferimento di ciascuna area. Questo tipo di impostazione non è mai esistita in un’economia globale integrata. I sistemi già esistenti, caratterizzati da più aree di riferimento, non sono stati integrati e tali aree sono state caratterizzate da scambi limitati: diverse valute di riferimento hanno quindi potuto coesistere, evidenziando la mancanza di integrazione. Affinché un sistema multipolare possa funzionare, tutte le valute di riferimento devono essere uguali.
Tuttavia, ciò non avviene per almeno due ragioni, che in genere si verificano simultaneamente: le aree geografiche non hanno un potere economico corrispondente, sia in termini di tendenze di crescita che di capacità di innovazione; allo stesso modo non hanno nemmeno pari potere politico, e questa è la vera sfida. In passato per esempio, il Giappone aveva una forte potenza economica negli anni ’80, ma la sua moneta non è mai stata competitiva con il dollaro a causa della debolezza politica del Giappone. E lo stesso oggi vale per l’Europa, che non riesce a dettare scelte politiche forti nel lungo periodo.
Secondo gli eperti di Natixis, alla luce di questi diversi fattori, il dollaro ha un futuro luminoso davanti a sé. Ci sono tutti i motivi per criticare Donald Trump, ma per ora le sue decisioni pur essendo state criticate, sono state recepite da tutti, tuttavia. Nessun altro paese ha il peso politico degli Stati Uniti e Trump ne trae grande vantaggio. All’Europa mancano del tutto i mezzi per contrastare la forza politica statunitense e, finché il vecchio continente non sarà in grado di costringere gli altri ad accettare le sue scelte, la sua moneta non potrà rivaleggiare con la potenza del biglietto verde.
Non è la moneta in sé che crea libertà, ma è il potere politico che fa della moneta di un paese uno strumento globale. Quindi, a questo proposito, e alla luce della dimostrazione di potere degli Stati Uniti da un punto di vista diplomatico, il dollaro ha davanti a sé una lunga vita. L’Europa dovrà continuare a sopportare il dollaro perché non è in grado di affrontare un fronte politico unito a lungo termine.