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Mercati azionari in balia della Fed
Il ribasso del mercato azionario in ottobre, che tanto clamore ha suscitato, non dovrebbe indurre gli investitori azionari a dimenticare che, sotto numerosi aspetti, gli eventi determinanti sono stati quelli che hanno interessato i mercati obbligazionari.
Recentemente, era lo scorso 3 ottobre, Powell aveva dichiarato che i tassi statunitensi erano lungi dall'essere neutrali, vale a dire il livello in cui non alimentano e neppure rallentano l'inflazione. Per molti versi, sono state queste parole a scatenare il sell-off del mercato azionario a ottobre. Mercoledì scorso, con gran sorpresa degli operatori di mercato, li ha descritti come appena sotto al livello neutrale.
Di fatto, alla luce di queste sole due frasi possiamo avere la sensazione che si stia delineando un cambiamento importante nella retorica della Fed. Eppure, nella sostanza, il messaggio non ha subito modifiche radicali: tutto è ancora possibile per il 2019. Continuerà la correlazione tra la politica monetaria della Fed e l'evoluzione dei dati economici allorché i membri del Fomc si dimostreranno flessibili nell'assumere le prossime decisioni. Lo confermano i verbali dell'ultima riunione della Fed pubblicati all'indomani dell'intervento di Powell. Le sue dichiarazioni sono, tutt'al più, una semplice conferma del fatto che la Fed, qualora la situazione di mercato lo richiedesse, è pronta a rallentare il ritmo della sua normalizzazione, cosa di cui alcuni investitori forse dubitavano.
Buona parte del percorso è sicuramente già stato fatto e Powell potrebbe aver voluto aggiungere alcune sfumature alle dichiarazioni rilasciate tra ottobre e novembre, percepite dai mercati come molto restrittive e come fattori di stress. È tuttavia probabilmente esagerato volervi leggere un importante cambiamento di rotta da parte della Fed.
Da un lato questo trend è confermato dai dati economici e, in particolare, da quelli relativi all'inflazione. Le ultime pubblicazioni vanno certamente in questa direzione, con un'inflazione sottostante (core Cpi) e un'inflazione dei prezzi al consumo misurata attraverso le spese delle famiglie (core Pce) che non solo sono inferiori alle attese per ottobre ma anche al mese di settembre. Andrà tuttavia studiato attentamente il rapporto sull'occupazione di venerdì in quanto un'accelerazione dell'inflazione salariale contrasterebbe con le intenzioni dovish di Powell. Dall'altro, anche se la Fed dovesse eventualmente diminuire il ritmo di risalita dei tassi è escluso che rallenti la riduzione della dimensione del suo bilancio. Il riflusso di liquidità mondiale, principale conseguenza della fine delle politiche accomodanti delle banche centrali, continua quindi a essere di grande attualità.
Secondo il team di La Financiere del L’Echiquier, tenuto conto dei dati recenti non c'è motivo perché la Fed adotti una posizione più restrittiva, ed è quanto ha probabilmente voluto comunicare Powell, anche se non c'è altrettanto motivo per cui finisca col mostrarsi molto più flessibile nell'immediato.
La Fed potrebbe scorgere all'orizzonte un peggioramento delle condizioni che sono invisibili al resto di noi. Di fatto, è più probabile che la Fed stia prendendo atto di un rallentamento che i mercati hanno già notato da tempo. Ciò significa che il rischio di una stretta troppo veloce da parte della Fed nel prossimo anno è minore, il che probabilmente sarebbe di buon auspicio per i mercati azionari.