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Btp, rischio ancora alto
L’anno in Italia, dopo tante polemiche, si chiude con un minimo di ottimismo: è stata evitata la procedura d’infrazione in sede europea e lo spread del Btp a 10 anni con il Bund di pari durata è, al momento in cui viene scritto questo pezzo, a 258 punti base, un livello ancora altino, ma certamente molto lontano dai massimi di 340 raggiunti soltanto poche settimane fa, quando lo scontro con le istituzioni europee era al top. L’attuale rendimento del 2,80% è certamente interessante e può indurre molti investitori a puntare, adesso che le acque sono più calme, sul titolo decennale italiano.
Ma possiamo dire che ogni pericolo è passato e che vale la pena incassare oggi un rendimento elevato? La risposta è abbastanza articolata, ma pensare che l’attuale tregua si trasformi presto in una pace è probabilmente fuori luogo. La trattativa con la Commissione europea quest’anno è stata un importante ostacolo superato, ma non certo l’ultimo.
Vediamo quali altri devono ancora essere affrontati prima di potere affermare che l’Italia è diventata un paese affidabile cui affidare con ragionevole sicurezza i propri risparmi.
Rapporto con la Commissione europea. Nell’accordo di fine anno è stato dato il via libera alla manovra italiana, ma a gennaio, quindi prestissimo, si riaprirà l’esame dei conti dell’Italia e soprattutto verrà giudicato se l’attuale governo di Roma avrà fatto i compiti come concordato. Nel caso che venga dato un giudizio negativo, si riaprirà tutto.
Ma al di là di questa tagliola, le prospettive per il prossimo anno non sono particolarmente favorevoli: la riduzione della spesa è stata realizzata sulla base del fatto che alcuni provvedimenti partiranno ad anno già inoltrato e di conseguenza agiranno sul fronte spese solo per alcuni mesi, con un consistente calo dei costi previsti. Ma questo elemento non varrà più per il 2020, quando reddito di cittadinanza e pensioni a quota 100, comunque vengano fatti, incideranno dal primo giorno dell’anno. Non a caso è stata prevista la possibilità di alzare l’Iva per il prossimo triennio fino al 26,5%. In pratica qualcosa di simile a un disastro per i consumi.
Fine del quantitative easing. A partire dal 1° gennaio la Bce non acquisterà più titoli obbligazionari sui mercati e i bond governativi italiani non avranno più il sostegno della Banca Centrale. In pratica i rendimenti obbligazionari saranno determinati esclusivamente dal mercato e rischieranno per i titoli italiani di salire in maniera consistente. È una minaccia di non poco conto.
Rating. Attualmente le agenzie di rating hanno preso un atteggiamento attendista nei confronti del Tesoro italiano e non è prevedibile che le nostre obbligazioni scendano a un livello di titoli spazzatura, almeno a breve. Un peggioramento della situazione o un riavviarsi dello scontro in sede europea probabilmente farebbe cambiare idea in negativo alle maggiori agenzie internazionali. Anche in questo caso lo spread e i rendimenti crescerebbero pesantemente.
Perturbazioni internazionali. La situazione attuale dei mercati nel mondo non è delle migliori, sia per le azioni, sia per le obbligazioni. Un crollo dei listini dei bond e delle azioni non è certo da escludere, anzi molti la stanno ritenendo un’eventualità sempre più probabile. In un contesto generalizzato di rialzo dei tassi i titoli più deboli per sopravvivere dovrebbero incrementare molto i loro rendimenti e probabilmente il Btp italiano non uscirebbe immune da un tracollo generalizzato di questo genere.
Conclusione. Un risparmiatore può anche decidere che vuole mantenere il suo investimento in Btp in portafoglio per 10 anni e al termine passare alla cassa e farsi rimborsare l’intera cifra prestata. In questo caso avrebbe garantito il suo rendimento del 2,80% annuo e il rimborso del capitale. Certo, se si verificassero alcuni degli eventi ipotizzati nel corso del decennio, il valore dei titoli acquistati oggi scenderebbe brutalmente e in caso di necessità di liquidare anticipatamente sul mercato le obbligazioni ci si troverebbe il capitale iniziale pesantemente decurtato.
Inoltre che cosa succederà nei prossimi 10 anni non lo sa nessuno (questo in fondo vale anche per il Bund tedesco) e non è detto che quando si deciderà di passare alla cassa nel 2028 si verrà immediatamente rimborsati.
In sintesi, attenzione, il rischio è ancora alto.