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Il rifugio giapponese
Il comportamento dello yen giapponese nel periodo settembre-gennaio rappresenta una conferma del ruolo di asset rifugio che la divisa del Sol levante riveste durante le fasi più difficili per i listini azionari internazionali.
Questa volta la capacità di proporsi come asset rifugio è stata nettamente superiore a quella del metallo giallo (altra asset class che in passsato è stata più volte scelta come destinazione preferita dagli investitori in cerca di un riparo dai venti di tempesta. Mentre l’oncia d’oro ci ha impiegato un po’ di tempo per carburare e dare qualche soddisfazione agli investitori più timorosi, la rivalutazione dello yen nel cross con el principali divise mondiali è stata immediata e netta. Allo stesso tempo, non appena è tornato il sereno –almeno provvisorio- sulle Borse dei paesi industrializzati, lo yen ha fatto retromarcia e si è scrollato di dosso la pressione dei mercati.
Nel corso delle prime giornate di negoziazione del 2019, lo yen si è rivalutato con forza nei confronti delle principali divise planetarie. L’intensità dell’apprezzamento è stata alimentata anche da alcuni fattori tecnici come l’ondata massiccia di vendite automatiche di dollari statunitensi e australiani, accompagnata da scarsi volumi di negoziazioni.
La quotazione dello yen nel cross con il dollaro è passata in pochi minuti da 109 a 104,87 (-3,8%). Qualcosa di simile è accaduto anche al rapporto di cambio con il dollaro australiano e la sterlina. Attualmente, la divisa nipponica ha completamente perso la rivalutazione accumulata a cavallo tra dicembre e gennaio e si è riportata a quota 110 contro il biglietto verde.
Alcuni analisti sostengono che il brusco movimento è iniziato quando Apple ha sorpreso gli investitori con un deciso taglio delle proprie previsioni di vendita (in particolare quelle dell’iPhone sul mercato cinese). La diffusione della notizia ha provocato una brusca correzione dei future sugli indici azionari Usa e ha innescato una fuga verso i bond considerati risk free.
In un contesto di elevata avversione al rischio, lo yen ha rotto diversi livelli di resistenza tecnica, alimentando operazioni tese al contenimento delle perdite da parte degli investitori che mantenevano posizioni short sulla divisa nipponica da qualche mese.
Il movimento è stato esacerbato da una scarsità di liquidità che giustifica il crollo delle più importanti divise mondiali nel cambio con lo yen. Anche se le perdite della giornata vanno considerate come un evento eccezionale che conferma l’elevata volatilità dei mercati, non bisogna dimenticare che il fenomeno non ha solo una valenza speculativa di brevissimo termine. Dalla metà di settembre al 4 gennaio, il dollaro Usa ha perso il 5% circa rispetto alla divisa giapponese, l’euro più dell’8%, la sterlina il 9,3% circa e la corona danese più dell’11%. Anche il franco svizzero, considerato da sempre divisa rifugio per eccellenza, si è deprezzato del 7% circa nel rapporto di cambio con lo yen.
Il Giappone vive un momento di stabilità politica ed economica che è alla base dell’attenzione riposta da molti gestori di fondi nelle opportunità offerte dal mercato domestico. Il Nikkei 225, l’indice di riferimento per la Borsa di Tokio, ha evitato nel 2018 le correzioni accumulate dai restanti indici dei paesi industrializzati ed ha chiuso i dodici mesi con un progresso vicino all’8%.
Nonostante l’assenza d’inflazione, la disoccupazione è scesa fino al 2,3%. Le imprese domestiche stanno aumentando la produttività e gli investimenti (capex) sono saliti a livelli record (più elevati rispetto al precedente record registrato nel 2007).