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Performance e gestori, binomio indissolubile
In uno studio messo a punto dalla società di analisi di fondi comuni d’investimento Morningstar, si mette in evidenza come sia molto complicato riuscire a permanere per periodi di tempo lunghi al top della classifica dei rendimenti.
L’industria del risparmio gestito, in particolare per quel che concerne i fondi comuni d’investimento, è probabilmente una delle più trasparenti e competitive. Tutti operano avendo a disposizione gli stessi strumenti e i risultati ottenuti dai partecipanti vengono messi a confronto quasi quotidianamente.
Quando un gestore riesce a posizionarsi sul podio della classifica delle performance della propria asset class di riferimento (azioni Usa, azioni Europa, bilanciati etc), ne ricava un enorme ritorno in termini di popolarità e di possibilità di comunicare con la potenziale nuova clientela attraverso le interviste rilasciate ai media o alla pubblicazione di articoli in cui viene citato il binomio prodotto/gestore.
L’analisi ha preso in considerazione le migliaia di fondi comuni d’investimento che vengono commercializzati nei distinti paesi appartenenti all’area euro. I curatori del report hanno preso in considerazione le performance conseguite da questi prodotti in un arco temporale di dieci anni. La conclusione è molto chiara: i veicoli d’investimento che sono riusciti a centrare ottime performance in alcuni anni, si sono successivamente trasformati in strumenti dai risultati mediocri. I fondi che hanno dovuto fare i conti con risultati non proprio brillanti (per non dire deludenti) in un certo periodo, sono riusciti, nella maggior parte dei casi, a recuperare una parte del terreno perso e posizionarsi a metà classifica. Gli studiosi spiegano il fenomeno con il principio del ritorno in media delle performance.
Il punto di partenza dell’analisi è la classificazione che utilizza Morningstar per valutare i fondi comuni d’investimento. L’entità premia con una valutazione massima (cinque stelle), quei veicoli che, in un arco temporale di cinque anni, siano riusciti a ottenre una performance superiore a quella registrata dal 90% dei prodotti apparteneneti alla propria categoria. Una valutazione pari a quattro stelle viene data ai prodotti che siano riusciti a fare meglio del 77,5% dei fondi comuni attivi nella medesima categoria. Una valutazione pari a tre stelle viene invece data ai prodotti che riescono a fare meglio del 35% dei fondi apparteneneti al segmento in cui operano. La percentuale si abbassa ulteriormente per i prodotti che vengono caratterizzati da una valutazione a due o una stella.
I curatori dello studio si sono domandati che fine abbiano fatto quei fondi che dieci anni fa erano considerati i migliori della propria categoria. In generale, questi fondi sono passati da una valutazione a cinque stelle a una a tre stelle. In altre parole, i migliori sono pasati dal podio al gruppone di mezzo. E cosa è successo a quelli che occupavano le posizioni di coda della classifica? Nella maggior parte dei casi si sono aggiunti al gruppone di metà classifica.
Diverse sono le ragioni alla base di questo comportamento. In primis, i gestori che ottengono risultati eccelllenti tendono spesso a cambiare casacca. I money manager che non brillano tendono a essere licenziati a sostituiti da nuovi gestori.
Nello studio si mette in evidenza come il criterio di valutazione di un fondo basato solo sulle performance debba essere preso con le molle. Una valutazione completa ai fini della selezione di un prodotto non dovrebbe mai escludere l’analisis del livello di rischio, dei costi e della casa d’investimento.