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Un confronto fra mercati europei
Iniziamo con questo articolo una serie di analisi sugli ultimi 10 anni di alcuni dei principali mercati azionari del mondo, specificatamente dalla fine del primo trimestre del 2009 a 31 marzo del 2019. Infatti dopo avere confrontato l'andamento di alcune delle maggiori e più brillanti economie del pianeta, vale la pena focalizzarsi sull'equity per vedere se vi è stata, e in quali termini, una corrispondenza. Per fare ciò prenderemo in esame alcuni indici Msci nazionali, calcolati in termini di total return in dollari. Questi benchmark permettono di avere una panoramica ampia sui listini nazionali, includendo l'andamento dei dividendi e le oscillazioni valutarie che, a meno di costose strategie di hedging sul lungo periodo, alla lunga sono anch'esse correlate all'andamento generale degli asset di un paese.
Partiamo dall'Europa, nello specifico dai tre grandi mercati di Regno Unito, Francia e Germania. Forse sorprendentemente, a risultare leader è stata la Francia, non certo un'economia dalle performance brillantissime, mentre il peggiore dei listini è stato quello tedesco.
Negli ultimi 10 anni l’Msci France è infatti cresciuto del 9,56% annuo a fronte di +8,6% per l’Msci Germany e +9,33% per l’Msci Uk. A determinare la gerarchia attuale sono stati gli ultimi cinque anni in cui, al di fuori degli Usa, si è sostanzialmente passati da una mezza crisi all'altra e in cui la Francia ha denotato una stabilità molto maggiore delle altre potenze europee, salendo del 3,67% all'anno a fronte del +0,75 del Regno Unito e addirittura il -0,74% teutonico. È curioso notare che le performance sono state, per questi tre casi, piuttosto speculari.
Ma qual è stato il driver principale della sorpresa francese? Essenzialmente il fatto di presentare nel proprio listino diversi titoli con forti caratteristiche growth in grado di generare alfa e di essere poco legati ai destini dell'economia francese. Nella top 10 dell'indice preso in esame si trovano Lvmh, Moet Hennessy, Airbus, L'Oreal e Danone. Tutte aziende che vantano una forte esposizione a driver di crescita mondiali in particolare legati ai paesi emergenti.
Anche la Germania presenta aziende con caratteristiche molto interessanti, ma il problema dell'azionario tedesco è di essere molto più ciclico, sia rispetto alla Francia, sia al Regno Unito. Il risultato è che un anno come il 2018 ha portato a un bear market pesante per la Germania con un calo del 22,2%, a fronte di -11,9% per i cugini transalpini e del -14,1% per una Gran Bretagna nel mezzo del caos Brexit ma che presenta una dote di società quotate tutto sommato piuttosto stabili. Tanto è vero che la standard deviation annualizzata dell’Msci Uk è risultata largamente la più bassa delle tre sia nell'ultimo decennio, sia nei passati cinque anni. Infatti questo indicatore ha registrato in Uk rispettivamente circa +16,1% nell'ultimo decennio e +12,7% negli ultimi cinque anni. La Francia ha messo a segno invece +19,8% e +14%, mentre non sorprendentemente la Germania è risultata il mercato più volatile di tutti con rispettivamente +20,7% e +15,3%.
Come abbiamo visto, a determinare questo risultato è stato soprattutto il disastroso anno passato, che comunque ha reso il listino teutonico uno dei più convenienti del pianeta con un P/E forward a fine marzo intorno a 12, a fronte di 13,6 per la Francia e 12,5 per il Regno Unito. Da questi dati e da altri del passato possiamo ricavare una previsione forse un po' semplicistica ma, riteniamo, di fondo corretta. Se infatti l'andamento degli utili dovesse risultare meno peggio del previsto, con un minimo di ripresa industriale nella seconda metà dell'anno, allora probabilmente la Germania schizzerebbe di nuovo in avanti. Di converso, anche in presenza di un quadro decente, se qualche delusione dovesse arrivare da alcune delle hot stock francesi, verso cui il consensus è piuttosto aggressivo, allora sarebbero dolori per gli investitori su tali temi. Per quanto riguarda la Gran Bretagna ovviamente moltissimo dipenderà dall'arrivo o meno di una soluzione della questione Brexit.