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Variabili chiave per il futuro della Borsa Usa
Nessuno può veramente cronometrare il mercato azionario, tuttavia, i guadagni del quarto trimestre sono stati abbastanza forti e l’inflazione è piuttosto contenuta.
La Federal Reserve statunitense è certamente meno minacciosa per il mercato di quanto non lo fosse in precedenza. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha adottato una posizione più accomodante – quindi non abbiamo una Fed propriamente ostile. Durante il primo trimestre del 2019, il mercato ha raggiunto i minimi a dicembre e non sembrano esserci motivi che giustifichino un precipitoso declino.
Quando il mercato statunitense ha subito una correzione a dicembre, il rapporto prezzo-utile è sceso in modo significativo – le azioni sono diventate un po’ più economiche. Ma non è poi così lontano ora dall’essere in linea con la sua media storica. Anche in questo caso, la Fed ha cambiato la sua posizione, passando da un atteggiamento aggressivo in dicembre a un atteggiamento piuttosto favorevole al mercato e accomodante nell’ultimo periodo.
I recenti dati macro dipingono uno scenario più complesso di quanto ci si potesse attendere a inizio anno. Il rallentamento c’è e soprattutto gli indicatori di fiducia sono in una fase di importante ridimensionamento. Anche i flussi in uscita dall’azionario sono stati particolarmente ingenti dall’inizio dell’anno.
Secondo la maggior parte dei gestori intervistati da Bank of America Merrill Lynch, il tasso di crescita degli utili rallenterà in futuro, ma non significa che saranno negativi. Gli investitori temono la recessione, ma le previsioni non lasciano presagire una recessione.
Numerose aziende hanno deluso sui risultati ma soprattutto hanno rivisto al ribasso le aspettative sugli utili futuri. Difficilmente potremo aspettarci quindi un flusso di notizie particolarmente buono dalle aziende. Le speranze rimangono affidate alle banche centrali, a seconda dell’enfasi con cui continueranno a fornire liquidità ai mercati, questi ultimi potrebbero apprezzarsi o meno.
Sarà una Fed più dovish -dopo la fine degli effetti della riforma fiscale sui risultati aziendali- a offrire nuovo carburante all’equity? Come già accennato questa via sembrerebbe essere il principale driver di performance per il futuro. Attenzione però a non esagerare, l’atteggiamento dovish corrisponde a un deterioramento dell’economia. Il meccanismo del tanto peggio tanto meglio per i maggiori interventi della Federal Reserve potrebbe incepparsi. Meglio forse gestire dinamicamente l’esposizione azionaria piuttosto che puntare tutto sulle mosse delle banche centrali.
È importante considerare che, se il tasso d’interesse del treasury a dieci anni faticherà a raggiungere nuovamente il 3% o più, i settori più difensivi potrebbero risultare particolarmente interessanti. Questo è l’opposto di quello che ha performato meglio negli ultimi dieci anni.
Il mercato nel breve termine oscillerà seguendo le decisioni della Fed riguardo i tassi di interesse e quando il mercato sobbalza, le azioni di tipo growth sono solitamente più volatili di quelle value. Ciò rende il settore tech più volatile rispetto al listino. Nel lungo termine, però, il comparto rimarrà la parte più brillante del mercato, la guida alla crescita della produttività.