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2020: gli italiani si aspettano bonus e aumenti stipendi
Secondo le stime di Randstad, i lavoratori italiani sono pessimisti circa le prospettive di crescita economica del Paese, ma credono di poter ricevere nel corso dell’anno bonus e aumenti. L'Italia si pone così al terz'ultimo posto a livello mondiale in quanto a fiducia dei lavoratori.
I lavoratori italiani sono tra i più pessimisti a livello mondiale circa le prospettive di crescita economica del Paese nel 2020: solo i colleghi di Spagna e Giappone sono meno ottimisti. Per contro credono di poter ricevere nel corso dell’anno bonus e aumenti degli stipendi. Sono le stime economiche e finanziarie dell’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane. I dipendenti italiani accolgono il 2020 con scarsa fiducia nel miglioramento del quadro economico e finanziario dell’Italia: poco più di quattro dipendenti su dieci credono in un’espansione della congiuntura nei prossimi dodici mesi (44%), in calo del 4% rispetto al 2018 e ben 13 punti sotto alla media globale, pari al 57%.
L’Italia al terzultimo posto, dietro Spagna e Giappone
L’Italia, secondo la ricerca (condotta in 34 Paesi su un campione di 405 lavoratori di età fra 18 e 67 anni per ogni nazione, si colloca così al terzultimo posto su 34 paesi per livello di fiducia nelle condizioni economiche nazionali, insieme al Belgio e davanti soltanto a Spagna (41%) e Giappone (26%). Per contro, resiste la fiducia nei risultati delle imprese, con il 67% dei lavoratori ottimista sulle performance del proprio datore di lavoro, ma risulta comunque in calo rispetto al 75% di due anni fa e distante tre punti dalla media mondiale (70%). Cresce invece l’ottimismo sulle condizioni economiche individuali, con il 50% dei dipendenti che si aspetta di ricevere un bonus nel corso del 2020 (+5%) e il 41% che spera in un aumento di stipendio (+2%).
All’estero c’è maggiore fiducia nel miglioramento personale
Le speranze dei lavoratori si concentrano sul miglioramento delle condizioni individuali: nella media dei Paesi analizzati il 61% dei dipendenti prevede di ricevere un aumento di stipendio (+4%), il 56% si aspetta un premio a fine anno (+5%). Anche in Italia la fiducia nel miglioramento personale è l’unico indicatore a registrare una crescita, con il 41% dei lavoratori che spera di ottenere un aumento di stipendio nel 2020 (+2%) e il 50% che si attende invece un bonus (+5%). Anche in questo caso i più ottimisti sono gli uomini (il 54% spera in un bonus, il 45% in un aumento di stipendio) e i lavoratori fino a 45 anni di età (56% e 53%), mentre sono più caute le donne (46% e 38%) e i lavoratori over 45 (42% e 26%). Resta però molto ampio il divario con i colleghi stranieri: -20% di speranza di ricevere un aumento di stipendio, -6% se si considera l’attesa di un bonus.
Ceresa, buoni segnali la fiducia nelle imprese e le aspettative
Sicuramente, ha commentato Marco Ceresa, a.d. di Randstad Italia, “gli auspici per il 2020 sono meno positivi rispetto a due anni fa, ma non tutti i risultati dell’indagine sono negativi”. Per esempio, spiega, “la fiducia nelle imprese resta elevata, mentre cresce nei lavoratori l’aspettativa di un miglioramento delle proprie condizioni personali. È il segnale che ci sono gli elementi per ripartire e invertire la tendenza”. In particolare, suggerisce, “le aziende dovranno essere capaci di non disperdere la credibilità guadagnata negli anni precedenti, investendo con decisione in strategie mirate di employer branding che puntino a soddisfare le aspettative dei dipendenti in termini di opportunità di carriera, formazione e work-life balance per attrarre i migliori talenti sul mercato e ridare fiducia ai lavoratori”.
I risultati della ricerca
In Italia, dove l’indicatore complessivo accusa un ritardo di 13 punti dalla media globale e 10 dalla media europea, i più prudenti sul futuro sono le donne e i lavoratori più esperti (entrambi al 37%), mentre meno pessimisti appaiono sia i dipendenti di genere maschile (52%) sia i più giovani (50%). È comunque un approccio molto diffuso (con solo 10 Paesi su 34 che hanno una valutazione stabile o favorevole), e particolarmente evidente in Europa che ospita sei dei dieci Paesi che registrano un calo di fiducia in doppia cifra (Portogallo, Olanda, Spagna, Austria, Belgio e Svezia). In discesa anche la fiducia nei risultati delle imprese, che resta però più elevata di quella nella crescita economica del Paese: il 67% dei dipendenti italiani prevede che le società per cui lavorano raggiungeranno una posizione finanziaria migliore nel 2020, con un ottimismo più marcato fra uomini (69%) e giovani (72%) e un atteggiamento più cauto fra donne (65%) e senior (61%).
Indici trimestrali
In Italia l'indice di mobilità registra un calo di quattro punti dal trimestre precedente (a 105 punti). Il 77% dei lavoratori non ha cambiato né mansione né datore di lavoro negli ultimi sei mesi, l’11% ha cambiato solo azienda, il 7% ha cambiato ruolo nella stessa società e il 4% ha cambiato sia impresa sia posizione. Le principali motivazioni che inducono gli italiani a cambiare posto sono l’ambizione di crescita professionale o manageriale (27%), le migliori condizioni di lavoro (24%) e il desiderio di maggiore specializzazione (21%). Per quanto riguarda la ricerca di lavoro, solo il 3% sta attivamente cercando un altro lavoro, il 7% sta selezionando nuove opportunità, il 21% si guarda attorno, il 30% non si sta impegnando attivamente ma se capitasse un’occasione la valuterebbe e il 38% dichiara di non cercare lavoro. Quasi sette italiani su dieci si dichiarano soddisfatti del loro lavoro (69%), il 22% non esprime un giudizio, mentre appena il 9% è insoddisfatto. L’83% dei lavoratori aspira a una promozione, in aumento di tre punti rispetto al trimestre precedente, mentre cala lievemente l’ambizione di iniziare qualcosa di diverso (57%, -2%). Infine, nell’ultimo trimestre è scesa di due punti la percentuale di italiani che hanno timore di perdere il posto di lavoro (9%).