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Cina: dubbi sull'effetto della riapertura dell’economia sul mondo
La riapertura delle attività in Cina, secondo gli esperti, non dovrebbe avere grandi ricadute a livello mondiale perché trainata soprattutto dal settore dei servizi. Il rimbalzo dovrebbe affievolirsi nel 2024 a causa dei contenuti risparmi delle famiglie cinesi.
La Cina, con la fine alla politica Zero-Covid, ha dato impulso alle proprie prospettive di crescita; ne sono la prova le prime indicazioni provenienti dai dati ad alta frequenza e dai PMI di gennaio, che rivelano una forte ripresa nei servizi. Al contrario, nel manifatturiero l’impatto positivo è contenuto dalla debole domanda esterna, mentre le transazioni immobiliari, dopo un iniziale miglioramento, si sono praticamente arenate. Questo differente passo è per lo più spiegato dal rimbalzo delle conseguenze (la restrizione dei movimenti ha penalizzato principalmente i servizi) della politica Zero-Covid portata avanti da Pechino negli ultimi due anni. Tuttavia, rispetto a quanto accaduto nelle altre economie sviluppate, c’è una differenza fondamentale: le famiglie cinesi non sembrano disporre di un’enorme riserva di risparmi a cui attingere per finanziare un periodo prolungato di consumi sfrenati.
La ripresa rischia di affievolirsi nel 2024
È quanto osserva David Rees, senior emerging markets economist di Schroders, il quale traccia uno scenario di base per la Cina che prevede tre trimestri consecutivi di crescita superiore al trend, con una prevalenza del settore dei servizi. Questa 'forza' farà aumentare la crescita del PIL nel 2023, la cui stima è stata ora aggiornata a +6,2% circa dal precedente 5%. Tuttavia, avverte, l’euforia probabilmente svanirà con l’esaurirsi della domanda repressa e dei risparmi e l’attenuarsi delle forze cicliche. Per questo, in Schroders prevedono che la crescita del PIL cinese si ridurrà al 4,5% nel 2024. Questa spinta non si sentirà nel mondo. Anzi, al contrario di quanto ci si possa aspettare, le sue ricadute potrebbero essere assai limitate, se non nulle. Secondo Rees, infatti, i miglioramenti attesi nell’Eurozona e negli Usa saranno dovuti a fattori interni piuttosto che alla Cina.
È cambiato il contesto per l’export dall’Eurozona
Sicuramente i Paesi asiatici potrebbero beneficiarne, perché il ritorno dei turisti cinesi darà impulso ad altre zone dell’Asia, anche se probabilmente si tratterà di piccole economie locali che rappresentano solo una piccola frazione del PIL mondiale. I Paesi europei che esportano beni in Cina invece potrebbero non trarne vantaggio come in passato. Solitamente, l’Europa beneficia di una ripresa del ciclo cinese, poiché una crescita più sostenuta stimola gli investimenti dei produttori in risposta all’aumento della domanda. Questa volta, tuttavia, Rees si aspetta che la ripresa sia orientata dai servizi e non dal manifatturiero. Anche perché, spiega, i forti investimenti precedenti e la debolezza della domanda esterna rendono improbabile che la ripresa stimoli un nuovo ciclo di investimenti nel manifatturiero che implichi maggiori importazioni dall’Europa e dal resto del mondo.
Le multinazionali torneranno a investire in Cina?
L’esperto annota un altro dubbio: dopo che la politica Zero-Covid ha ritardato gli investimenti esteri, non è ancora chiaro se le multinazionali torneranno ad aumentarli in un momento in cui le pressioni spingono verso la diversificazione delle supply chain. Circa la ripresa, gli esportatori di commodity potrebbero ricevere un certo sostegno in caso di rialzo dei prezzi, ma questa volta il copione potrebbe essere diverso. Se in passato la ripresa trainata dall’edilizia ha sostenuto i corsi dei metalli industriali, avvantaggiando Paesi come l’America Latina e l’Africa, una ripresa dei servizi potrebbe sostenere di più il settore energetico. Ciò potrebbe riaccendere l’inflazione globale, rimettendo sotto pressione i redditi reali e lasciando meno spazio alle Banche centrali per abbassare i tassi nel 2024. Alcuni Paesi emergenti potrebbero beneficiare dell’eventuale rincaro del greggio.