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Dietro la guerra dei dazi
Il G20 di giugno rappresenterà la prossima occasione per provare ad avvicinare le posizioni di Cina e Usa nella guerra dei dazi. Sullo sfondo si delinea una dura lotta per la leadership planetaria in ambito tecnologico ed economico.
La guerra commerciale si è nuovamente trasformata nel fattore principale di preoccupazione per gli investitori. Da qualche mese quest’inquietudine si era assopita nella speranza che, presto o tardi, sarebbe arrivato il tanto atteso accordo tra gli Stati Uniti e la Cina. Lo scenario materializzatosi negli ultimi giorni ha evidenziato che così non è: l’ascesa della tensione è nuovamente una minaccia per la fragile crescita globale e la volatilità sui mercati sembra essere destinata a non sparire nel breve termine.
Attualmente, gli esperti delineano un quadro molto incerto che parte dalle nuove minacce protezioniste tra Usa e Cina (che potrebbero far slittare il raggiungimento di un accordo anche al 2020) e si estende a fronti di negoziazione che si spingono oltre i confini dei due giganti (si pensi agli accordi in via di definizione con l’Unione Europea e alla ratifica della nuova versione del Nafta tra Usa, Messico e Canada).
In ogni caso, lo scenario in via di definizione rivela che c’è stata una sottostima degli effetti derivanti da una possibile guerra commerciale. Il Governo Usa sembra restare sulle sue posizioni e Trump crede che gli effetti negativi potranno essere rapidamente metabolizzati dallo stato di grazia che sperimenta il ciclo economico domestico.
Un contesto caratterizzato da bassa inflazione, tassi d’interesse stabili o in frenata e mercati azionari a ridosso dei massimi storici, potrebbero offrire alla casa Bianca margini per adottare una postura più aggressiva nel corso delle negoziazioni. Quest’ipotesi sembra essere corroborata dalla recente aggressività mostrata da Donald Trump dopo aver conosciuto l’ultima lettura del Pil statunitense (cresciuto nell’ultimo trimestre più di quanto era stato stimato dagli esperti).
A questo punto, lo scenario centrale individuato dalle principali case d’investimento si focalizza sull’avvio di una fase caratterizzata da una volatilità crescente per le quotazioni di Borsa. Nel calendario della guerra commerciale è possibile individuare alcune date importanti: il primo giugno entreranno in vigore i nuovi dazi decisi da Pechino -dal 10% al 25% su circa 60 mld di prodotti provenienti dagli Stati Uniti- per rispondere all’accelerazione del conflitto voluta da Trump. Gli Usa avevano infatti deciso di aumentare i dazi su 200 mld di importazioni provenienti dalla Cina. Il 17 giugno i mercati si attendono il parere favorevole dell’Ufficio per il commercio Usa all’adozione di dazi su ulteriori 300 mld di importazioni dalla Cina.
Stando ai calcoli fatti da Oxford Economics, una guerra commerciale su grande scala, con un incremento dei dazi dell’ordine del 25% per i traffici commerciali Usa-Cina, sarebbe in grado di limare il Pil mondiale dello 0,1% nel 2019 e dello o,4% nel 2020. Il danno più rilevante sarebbe quello incassato dal Pil cinese che sperimenterebbe una contrazione dello 0,9%.
In tutti i casi, Pechino è ora più preparata rispetto a quanto non lo fosse nel 2018 per affrontare un netto peggioramento delle negoziazioni. Gli stimoli di natura fiscale e monetari decisi dai vertici di Pechino stanno cominciando a dare i primi frutti.