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Europa: arriva l’inverno, timori per i prezzi dell’energia?
Le guerre, assieme alla crescente competizione tra Europa e Asia negli approvvigionamenti di Gnl, amplificano l’incertezza sul mercato energetico europeo. L’Europa, benché in ritardo nelle tecnologie pulite, offre opportunità di crescita nel settore energetico grazie al Recovery Fund.
La stagione invernale è alle porte e in Europa, benché abbia fatto progressi per ridurre la propria dipendenza dal gas russo, tornano a riaffacciarsi i timori legati alla sua sicurezza energetica. Tra il 2022 e quest’anno, nell’area è stato investito massicciamente sulle fonti alternative (le rinnovabili hanno superato il gas fossile nella generazione di elettricità). Eppure, osserva Mark Lacey, head of global resource equities di Schroders, l’Europa è indietro rispetto agli Stati Uniti nella corsa alle tecnologie pulite. Un gap che non mette al riparo dalle preoccupazioni sulla sicurezza energetica futura, dato il rischio associato alla dipendenza dal gas naturale liquefatto (Gnl) e alle possibili interruzioni globali dell’approvvigionamento della materia prima.
Le incognite della guerra in Ucraina e in Israele
Non va inoltre dimenticato che, lo scorso anno, il fabbisogno di energia dell’Europa è stato alterato dal clima relativamente mite che ha comportato una domanda di combustibili fossili contenuta e, di riflesso, meno speculazione e un aiuto ai Paesi nella transizione. Tuttavia, si chiede Lacey, questi preparativi saranno sufficienti per affrontare i prossimi mesi? L’Europa come affronterà le sfide che il mercato energetico potrebbe presentare nel 2024 e negli anni successivi? Nell’attesa di capire cosa succederà, per il mercato si prefigura uno scenario volatile, condizionato anche da fattori che prescindono dalla commodity ‘energia’, come possono essere la guerra in Medio Oriente (che rischia di allargarsi) o l’accesa competizione tra Europa e l’Asia nelle forniture di Gnl.
Lo stoccaggio già al 90% in Europa
Il momento è dunque estremamente fluido, caratterizzato da una transizione energetica che richiede ingenti investimenti in settori come l’energia eolica, il solare, le batterie e le infrastrutture di rete. Gli investitori, secondo l’esperto, hanno quindi l’opportunità di identificare segmenti e aziende per capitalizzare sulla crescita nel settore energetico. Prima di pensare agli investimenti bisogna però definire chi fornisce oggi energia all’Europa, dopo i timori che potesse rimanere senza gas nel 2022. Diverse iniziative hanno permesso all’Europa di pianificare meglio il futuro. Gli impianti di stoccaggio del gas in tutto il continente hanno raggiunto il 90% della capacità ad agosto, quasi tre mesi prima della scadenza del primo novembre.
L’Europa è in ritardo nelle tecnologie pulite
L’Europa, secondo Lacey, ha fatto passi da gigante anche nella transizione energetica. Nell’ambito della normativa sulla riduzione della domanda di gas stabilita dal piano REPowerEU, il consumo di gas è infatti diminuito di oltre il 19% (il 15% era il requisito minimo) tra agosto 2022 e gennaio di quest’anno, rispetto allo stesso periodo di cinque anni prima. Dopo l’annuncio del Green Deal nel 2019, che mira alla neutralità climatica entro il 2050, l’Europa è rimasta però indietro nella corsa globale alle tecnologie pulite. Alcuni progetti e obiettivi politici in materia di energie rinnovabili si sono rivelati forse troppo ambiziosi. In questo momento, sottolinea, il Paese più lungimirante e sicuro dal punto di vista energetico sono gli Stati Uniti.
In Europa c’è più potenziale
Gli Usa, spiega infatti l’esperto, sono destinati a essere leader nell’ambito delle batterie, del solare e nel gas come combustibile di transizione, che esporteranno in Europa. Tuttavia, è in Europa che vede il maggior potenziale di cambiamento. Con il Recovery Fund, spiega, l’Ue si era posta come leader nella transizione energetica mentre ora è rimasta indietro. Nel Regno Unito esiste un problema in termini di politica energetica: ci sono connessioni di rete scadenti, aste di parchi eolici poco efficienti e un’incertezza che blocca i progetti. Nonostante ciò, Lacey crede che in Europa nei prossimi sei-dodici mesi la situazione cambierà e che ci sarà uno slancio politico positivo, motivo per cui oggi preferisce un’esposizione europea rispetto a quella statunitense.
La nuova dipendenza dal Gnl
A sostegno di questa tesi c’è il fatto che nel 2022, per la prima volta in Europa le fonti rinnovabili hanno generato elettricità più del gas fossile. Stando al think tank Ember, specializzato in politiche energetiche, nell’Ue l’eolico e il solare hanno generato il 22,3% dell’elettricità, contro il 20% del gas fossile. E per la sicurezza energetica? L’approvvigionamento energetico presenta ancora rischi. La nuova dipendenza dal Gnl farà sì che i prezzi dell’energia europea siano più sensibili alle interruzioni dell’approvvigionamento. Ciò include la concorrenza con la Cina, che ha riaperto il mercato dopo il Covid e richiede più energia, nonché la continua dipendenza dalla Russia per il Gnl, attualmente il secondo più grande esportatore di questa risorsa dopo gli Usa.
L’aspra concorrenza dell’Asia nelle forniture
Il mercato dell’energia europeo continuerà a essere fragile. I corsi del gas continueranno a essere volatili poiché sia la guerra in Ucraina che quella in Israele minacciano l’approvvigionamento. Le possibili ulteriori interruzioni delle forniture di Gnl dovute agli scioperi in Australia aumentano i timori nel breve. Poi c’è la concorrenza per il Gnl proveniente da Qatar e Usa. L’Asia sta mettendo a disposizione una quantità sproporzionata di capacità di import di Gnl fissa, rispetto alla capacità variabile dell’Europa (che ha un bisogno disperato di questo import nei prossimi 3-4 anni). Assistiamo a un continuo aumento dei prezzi dell’energia nel lungo periodo, significa che i rendimenti migliori inizieranno a confluire nelle rinnovabili, dove accelera la domanda.
Dove risiedono le opportunità?
Il mondo sta cambiando il modo in cui utilizza l’energia e non sarà un’unica tecnologia a realizzare questo: ma ci sarà bisogno di energia eolica, solare e batterie di accumulo. Non solo, ma occorreranno infrastrutture per fronteggiare l’aumento del carico elettrico intermittente dalle rinnovabili. Assisteremo, secondo Lacey, a un’accelerazione della crescita di settori consolidati come l’eolico, il solare e la rete elettrica, ma anche di recenti tecnologie come lo stoccaggio delle batterie, la cattura dell’anidride carbonica, l’idrogeno e il nucleare. Con oltre 100 mila miliardi di dollari da spendere nelle diverse catene entro il 2050, aggiunge, l’opportunità di investimento è enorme e molti settori potranno trarre vantaggio da questa trasformazione.