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Europa: è già finità la crisi energetica?
Il risveglio della domanda di gas, con la ripartenza della Cina, e l’esigenza dei Paesi di coprire le scorte strategiche lasciano dubbi che l’emergenza energetica, soprattutto in Europa, sia passata. Tanto più che il mercato del GNL non può continuare a crescere per gli impegni climatici.
A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina il mondo sta facendo i conti con le conseguenze quindi, soprattutto in Europa, con la crisi energetica. Dal punto di vista dei mercati, infatti, la crisi è stata avvertita principalmente in seguito all’impennata dei prezzi dell’energia, quando i Paesi occidentali hanno imposto sanzioni al petrolio russo e la Russia, a sua volta, ha interrotto le forniture di gas. Una contrapposizione che ha costretto l’Europa, in particolare Germania, Austria, Olanda e Italia, a cercare altre fonti di energia, operazione che si è rivelata costosa. I prezzi del gas naturale hanno subito un’impennata, per i timori degli investitori su potenziali carenze di materia prima e interruzioni di energia elettrica nell’inverno in arrivo. Tuttavia, da allora il prezzo del gas naturale in Europa è sceso bruscamente.
Le contromisure alle conseguenze della guerra
Quale è stata la causa di questa radicale inversione di rotta? Secondo gli esperti di Schroders, Azad Zangana, senior european economist e Mark Lacey, head of global resource equities, al rientro delle tensioni hanno contribuito diversi fattori: dal clima più mite registrato in Europa rispetto agli inverni passati alla riduzione della domanda, all’acquisto di gas da altre fonti, spesso importazioni di gas naturale liquefatto (GNL). Sono state, in effetti, tutte contromisure che hanno fatto sì che l’Europa evitasse blackout e portasse lo stoccaggio di gas a livelli soddisfacenti. E invece, a gennaio di quest’anno, i livelli di riempimento degli stoccaggi erano intorno all’80% in tutta Europa. Ciò è in linea con le norme dell’Unione Europea, che per questo inverno richiedono un livello minimo di stoccaggio dell’80%.
I tassi rimarranno fermi dopo il rialzo atteso a marzo
L’impennata del prezzo del gas ha avuto un impatto significativo su tutta l’economia europea, portando il tasso d'inflazione a due cifre. Ora, con il calo dei prezzi del gas, la pressione inflativa dovrebbe attenuarsi, anche se altre componenti, come i prezzi dei generi alimentari, stanno continuando a crescere. Nell’ultima riunione della Bce, segnala Zangana, i policymaker hanno notato che il significativo calo dei prezzi sarà un fattore molto utile per ridurre i tassi di inflazione nel corso dell’anno. Altresì la Bce, anticipando un nuovo aumento dei tassi a marzo di altri 50 pb, ha tuttavia dichiarato che valuterà il successivo percorso della propria politica monetaria man mano, creando potenzialmente l’opportunità di una pausa nell’aumento dei tassi. In Schroders stimano che i tassi vengano tenuti fermi da quel momento in poi.
La concorrenza nell’acquisto di GNL
Il quadro energetico più tranquillo fin qui descritto riduce infatti la necessità di aumentare ulteriormente i tassi di interesse per calmare l’inflazione. Ma è davvero la fine della crisi energetica dell’Europa? Purtroppo, secondo gli esperti di Schroders, la risposta non è così semplice. Nel 2022 l’Europa poteva ancora contare sulla fornitura di gas russo per alcuni mesi all’inizio dell’anno, ora non è più così. Inoltre, una parte del calo della domanda di energia era dovuta al clima mite e non c’è garanzia che questo si ripeta nel prossimo inverno. L’Europa, ha affermato Lacey, ha soddisfatto gran parte del suo fabbisogno di energia acquistando GNL. Ciò ha un costo, dato che anche altri Paesi stanno cercando di acquistare GNL extra, in parte perché è meno inquinante di alternative come il carbone.
La riapertura delle attività in Cina
Le incognite vanno però oltre la semplice concorrenza tra Paesi acquirenti netti. C’è infatti da considerare che il 2022 ha visto una domanda limitata di GNL da parte della Cina, dato che l’attività economica è stata limitata dai lockdown. Adesso che Pechino ha chiuso la politica Zero-Covid, la ripresa economica cinese comporterà una maggiore domanda per la limitata offerta di GNL disponibile, con conseguente aumento dei prezzi. Le nuove forniture di GNL stanno entrando a regime, ma non saranno pronte prima di qualche anno. L’offerta potrà soddisfare la crescita della domanda solo a partire dal 2025. Dal confronto degli esperti con le aziende energetiche emerge che, a meno che i prezzi elevati non aiutino a contenere la domanda, i prossimi 18-24 mesi saranno molto impegnativi sia per l’Europa sia per l’Asia su questo punto.
L’Europa non è ancora fuori dal tunnel
C’è infine da considerare anche l’aspetto ambientale. Il mercato del GNL, infatti, secondo Lacey, non può continuare a crescere se il mondo vuole rispettare i suoi impegni climatici per il Net Zero. Sicuramente si sta investendo di più nelle energie rinnovabili, ma questa è chiaramente la soluzione a lungo termine che non comporta risultati rapidi. Per questi fattori, l’esperto ritiene che l’Europa non sia ancora fuori dal tunnel per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico.