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Gas: la crisi in Europa e gli effetti sugli investitori
L’obiettivo Ue di riempire i siti di stoccaggio all’80 per cento entro novembre e al 90 per cento nel 2023 è messo in pericolo dalla minaccia di un’ulteriore riduzione delle forniture russe. A spingere il prezzo del gas contribuiscono nuovi concorrenti generati dalla transizione energetica.
Due fattori negli ultimi giorni hanno infiammato ancora di più il mercato dell’energia. Il primo è il monito della Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, secondo cui i Paesi devono prepararsi a una possibile interruzione totale del gas russo. Il secondo è la risposta avuta dal mercato a questa minaccia: ad Amsterdam il prezzo del gas si è portato oltre 345 euro/MWH, in aumento del 345% in meno di tre mesi (+383% da gennaio e +504% rispetto a un anno fa). Dinamica che preoccupa molto perché, con l’arrivo della stagione invernale nell’emisfero settentrionale, è destinata ad avere un seguito nei prossimi mesi se la Russia – dalle cui forniture l’Europa è fortemente dipendente – dovesse chiudere ulteriormente (o del tutto) i rubinetti del North Stream.
La stretta delle forniture russe
Per il momento i flussi sono stati interrotti per motivi di manutenzione, ma alla loro ripresa i Paesi dell’Eurozona hanno scoperto che le forniture di Mosca si sono molto assottigliate, mettendo a rischio l’obiettivo Ue di riempire i siti di stoccaggio all’80% della capacità entro il prossimo novembre e al 90% nel 2023. Le problematiche legate al mercato del gas sono state prese in esame dal gruppo di esperti di Schroders, che hanno cercato di capire l’impatto che questo rincaro può avere per gli investitori. Per Mark Lacey, head of global resource equities, l’Europa affronta un periodo di 18-24 mesi di prezzi molto elevati per gas ed elettricità ed è diventata il mercato premium per il gas in questa fase, con corsi superiori a quelli di Asia e Usa. Questo quadro, sostiene, dovrebbe mantenersi fino a quando non torneranno a vedersi nuovi volumi significativi a partire dal 2024/25.
I consumi di gas in Europa scenderanno di circa il 10%
La riduzione volontaria del 15% dei consumi di gas decisa dai membri Ue potrebbe diventare obbligatoria se le forniture continueranno ad avere problemi. Lo prevede Azad Zangana, senior european economist and strategist della banca d’affari, il quale stima - sebbene l’inflazione energetica sia scesa dal 42% al 39,7% – che ulteriori aumenti dei prezzi contribuiranno a mantenere elevata l’inflazione energetica e l’inflazione complessiva nel secondo semestre, che a sua volta ridurrà la capacità di spesa delle famiglie. Una conseguenza di questa situazione, considerato l’aumento dei prezzi di circa il 400% tendenziale, secondo Lacey sarà una inevitabile distruzione di parte della domanda. I consumi di gas in Europa scenderanno probabilmente di circa il 10% nel 2022 e, secondo l’esperto, è improbabile che torni a crescere in modo significativo nel 2023 a causa del rischio recessione.
Si arriverà al razionamento?
Intanto si parla sempre più spesso di razionamento del gas, soprattutto per quanto riguarda i settori più energivori (come l’industria chimica). Il Governo tedesco, secondo Arianna Fox, european equities analyst di Schroders, potrebbe compensare la riduzione delle forniture introducendo proprio un razionamento a questo comparto anche se, per ora, non è chiaro come potrebbe avvenire. Ad esempio, tutti i settori dovranno affrontare lo stesso livello di razionamento? Lacy ritiene più probabile che i flussi continuino (anche se a livelli ridotti) perché un blocco totale significherebbe per la Russia perdere la sua influenza sull’Europa e un marcato impatto sui ricavi del proprio export. Per quanto riguarda la crescita, i segnali più preoccupanti arrivano dalla Germania, la principale economia dell’area. Dalla performance tedesca, osserva Zangana, emerge chiaramente che gli investimenti di capitale a livello globale sono rallentati in risposta all’aumento dei tassi e ai timori sulla crescita, e le chiusure draconiane della Cina hanno peggiorato la situazione.
Dalla transizione nuovi concorrenti nell’acquisto di gas
Ad alimentare la domanda mondiale di gas sono anche le conseguenze della transizione intrapresa dalle economie sviluppate verso fonti meno inquinanti. I Paesi stanno infatti cercando di chiudere gli impianti a carbone e di passare al gas naturale: ciò significa che l’Europa è attualmente in competizione con Paesi come l’India e la Cina per l’acquisto di GNL, le cui forniture saranno peraltro limitate nei prossimi due anni. Non solo. Per Lacey la ragione principale di questa mancanza di offerta è dovuta anche alla scarsità a monte di investimenti nei progetti di gas, in gran parte a causa della pandemia e ai precedenti bassi prezzi regionali del gas. Tuttavia, dopo i prossimi 24 mesi, l’Europa inizierà ad avere alcune opzioni alternative per la fornitura di gas, come Stati Uniti e Qatar. Tuttavia, anche quando saranno disponibili nuove forniture di GNL, è improbabile che i prezzi scenderanno ai livelli precedenti data la crescente domanda di altre regioni ed essendo il gas un combustibile di transizione.
I vincitori: i produttori di gas Usa e le fonti rinnovabili
Questo scenario dovrà essere tenuto in considerazione dagli investitori poiché è destinato ad avere implicazioni a lungo termine sui settori ad alta intensità energetica come quello chimico, anche una volta superata la crisi corrente. Questi settori si troverebbero, infatti, ad affrontare comunque costi più elevati rispetto a quelli a cui erano abituati in precedenza, con un impatto sulla loro redditività. Per contro, secondo l’analisi, un chiaro vincitore della crisi attuale del gas sarà probabilmente il settore delle energie rinnovabili, i cui progetti forse non sono una soluzione immediata al problema, ma sono molto più veloci da mettere in funzione rispetto, ad esempio, a una centrale nucleare.
Più nell'immediato, i vincitori che emergono sono i produttori di gas statunitensi e, in particolare, quelli che si trovano in Texas, Pennsylvania, West Virginia e Oklahoma (Stati dove si trovano circa due terzi delle risorse di gas Usa) che si trovano in una posizione favorevole per esportare il gas in Europa a un prezzo interessante di circa 8,90 dollari/Mcf. È probabile, secondo gli esperti, che questo faccia aumentare i prezzi del gas negli Usa a lungo termine, aumentando l’attrattiva delle società di gas statunitensi per gli investitori.