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Mercati: l’Europa è più promettente degli Stati Uniti
L’Europa, alla luce dei flussi e delle allocazioni, risulta uno dei mercati azionari più trascurati. Eppure, secondo gli esperti, le società europee più economiche hanno registrato una crescita degli utili superiore a quella delle società più costose. Il value è entrato in una fase favorevole.
Il mercato si interroga su se convenga tornare a puntare sui titoli value dopo che, nell’ultimo decennio, l’investitore su questo tipo di asset è diventato una specie in via di estinzione, messo ai margini dallo spasmodico inseguimento della crescita infinita in settori come l’high tech. Uno stile che ha sottoperformato a lungo (a parte il breve rally della prima parte del 2022), segnato da un ampio divario tra le valutazioni dei titoli più economici e i più costosi. Oggi, comunque, le azioni value sono molto convenienti: negli Usa hanno un rapporto tra i multipli prezzo/utili (titoli growth/value) ai minimi da 20 anni. Tuttavia, rileva Ben Arnold, investment director di Schroders, in Europa questo spread è ancora più marcato. E la cosa più sorprendente è che, inaspettatamente, le società europee più economiche hanno registrato una crescita degli utili superiore a quella delle società più costose.
In Europa vengono trascurati i titoli a buon mercato
Gli ultimi anni sono stati difficili per i titoli a buon mercato europei. Una situazione che può essere descritta meglio in numeri. Per esempio, l’indice Usa Russell 1000 value ha un P/E a 12 mesi di 16,5, mentre l’equivalente in Europa si aggira intorno agli 11. Questo enorme differenziale, secondo l’esperto, dimostra che un titolo a buon mercato Usa è tenuto molto più in considerazione di un titolo a buon mercato del Vecchio continente. I due punti mostrano che esistono temi generali simili in entrambe le sponde dell’Oceano, ma in Europa sono più estremi. Tuttavia, rileva ancora Arnold, osservando la crescita degli utili per azione degli indici Eurostoxx value e growth a partire dal 2017, i primi due punti sembrano del tutto illogici. Negli ultimi cinque anni le società europee più economiche hanno registrato una crescita dei profitti superiore a quella delle loro controparti in crescita.
Il value è entrato da tempo in una fase favorevole
Questa dinamica si riscontra soprattutto in Europa, mentre è praticamente assente in altri mercati sviluppati (a partire dagli Stati Uniti), dove i titoli growth hanno registrato nello stesso periodo una crescita degli utili superiore. Qualcuno potrebbe obiettare che questo risultato è riconducibile a un effetto base favorevole, visto che il calcolo viene fatto a partire dal 2017, proprio quando il mining cycle è diventato positivo. Tuttavia, fa notare Arnold, dall’analisi di questa situazione su più periodi di tempo scaturisce lo stesso risultato. Vale anche la pena notare che il periodo favorevole per il value era già in atto prima del Covid. Ma non è tutto merito del rimbalzo degli utili, del rialzo delle materie prime e dei tassi che hanno favorito il value dopo la pandemia: in questi anni, quindi, i veri titoli in crescita in Europa, almeno in termini dei fondamentali, sono stati i value.
Il mercato europeo è sottovalutato, forse non per molto
In sintesi, secondo l’esperto c’è dunque un motivo convincente per ritenere che il value in Europa sia piuttosto interessante e oggi sottovalutato. In particolare, sostiene, ci sono valutazioni assolute quasi ai minimi, livelli record di sconto relativo sulla crescita e una dinamica positiva dei profitti relativi. Questa visione, tuttavia, non è ampiamente condivisa: l’Europa, alla luce dei flussi e delle allocazioni degli investitori, risulta infatti uno dei mercati azionari più trascurati al mondo. Forse, conclude Arnold, non per molto.