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Italia: presenza di giovani crollata di 750mila unità in 10 anni

L'Italia accusa uno dei cali più marcati della gioventù in Europa, mentre Paesi come Francia, Germania e Olanda hanno visto aumenti. L'Italia affronta bassi tassi di istruzione e un alto tasso di abbandono scolastico, in particolare al Sud. Le imprese faticano a trovare lavoratori qualificati.

21/02/2025
gruppo di giovani
Analisi sulla denatalità in Italia

L’Italia non è un Paese per i giovani: l’età media dei cittadini si sta spostando sempre più avanti a causa, soprattutto, di un alto tasso di denatalità e della costante emigrazione dei giovani. È quanto emerge da uno studio della CGIA, dove si evidenziano le sfide che questa situazione comporterà per il Paese in futuro sotto molti aspetti, da quello sociale a quello economico.

In altre parole, con una popolazione sempre più ‘‘vecchia’’ e meno giovani ad alimentare il sistema pensionistico e lavorativo, l'Italia va incontro a problemi in termini di sostenibilità sociale ed economica. Senza contare che una fascia giovanile sempre più ristretta porta anche a una carenza di manodopera qualificata, limitando la crescita e la competitività del Paese.

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La massiccia fuga dei giovani dal Sud Italia

Negli ultimi dieci anni, i giovani in Italia (15-34 anni) sono diminuiti di quasi 750mila unità (-5,8%), con una riduzione più marcata nel Mezzogiorno (-14,7%). Per l’esattezza, lo scorso anno erano presenti meno di 12,1 milioni di giovani contro gli oltre 12,8 milioni del 2014. La ‘fuga’ ha interessato soprattutto l’area del Sud della Sardegna (-25,4%), con picchi negativi toccati nella provincia sarda di Oristano (23,4%) e nella molisana Isernia, già la meno popolosa del Paese (-21,5%). Questo quadro conferma che le difficoltà occupazionali, le poche prospettive e la bassa formazione rappresentano ulteriori criticità, soprattutto al Sud.

I dati sulla natalità tra i principali partner europei

Ma la prospettiva è tutt’altro che incoraggiante perché, insistono gli stessi esperti, la denatalità continuerà a fare sentire i suoi effetti negativi in tutto il Paese. Anche se questo problema – la denatalità – sta interessando buona parte dei Paesi dell’Eurozona, qui da noi ha assunto proporzioni molto più preoccupanti rispetto a quanto sta accadendo ai nostri principali partner europei. Nel decennio considerato, per esempio, mentre la Spagna ha sperimentato solo un modesto calo (-2,8%) dei giovani, altri hanno registrato tendenze opposte, come la Francia (+0,1%), la Germania (+1,7%) e l’Olanda (addirittura con +10,1%). Nello stesso periodo, la media dell’Area si attesta sul -1,9%. Per affrontare il problema sono necessarie politiche efficaci, tra cui incentivi per le famiglie, più servizi per maternità/paternità, politiche per una maggiore conciliazione tra vita privata e lavoro e supporto alle giovani coppie.

Il problema della bassa scolarizzazione e professionalità

Oltre alla diminuzione del numero di giovani, l’Italia – secondo la CGIA - si trova ad affrontare altri segnali preoccupanti: il tasso di occupazione e il livello di istruzione sono tra i più bassi in Europa e l'abbandono scolastico rimane una questione rilevante, soprattutto nel Sud. Questi problemi potrebbero avere effetti devastanti sull’economia nelle prossime decadi. Già oggi, soprattutto nel Centro-Nord, sono sempre più evidenti le prime difficoltà: le imprese faticano a trovare personale qualificato, sia per la carenza di candidati che per l'inadeguatezza delle competenze dei giovani che si presentano ai colloqui. Il divario tra domanda e offerta di lavoro è sempre più marcato e richiede interventi politici, con un focus particolare sull’aumento delle risorse destinate a scuola, università e formazione professionale.

L’immigrazione può essere un tampone, ma solo nel breve periodo

Occorre, secondo gli stessi esperti, affrontare con altri occhi il tema immigrazione che, comunque, non può essere l'unica soluzione ai problemi legati al calo demografico del Paese. Tuttavia, nel breve periodo, può rappresentare un'opportunità significativa per affrontare questa sfida, a condizione che vengano adottate misure adeguate a formare chi desidera arrivare in Italia. Come evidenzia anche il CNEL, la politica dovrebbe considerare la creazione di percorsi per l'ingresso di coloro che, nel loro Paese d'origine, abbiano frequentato per almeno due anni un corso di lingua italiana e ottenuto una qualifica che certifichi le competenze professionali richieste dal nostro mercato del lavoro. Inoltre, le imprese italiane dovrebbero farsi carico di garantire a questi lavoratori extracomunitari un'occupazione stabile e un supporto concreto nella ricerca di un alloggio accessibile.

Nel 1943 le nascite erano più del doppio rispetto al 2023

Per finire una curiosità che sottolinea il problema che abbiamo davanti: nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, le nascite in Italia erano più del doppio rispetto a quelle del 2023: 882.105 contro circa 380mila. Nonostante l’Italia avesse 14,5 milioni di abitanti in meno, si registrarono 500milla nascite in più rispetto ad oggi. Questo dato suggerisce che la denatalità recente (benché accelerata dai primi anni Novanta) non può essere spiegata solo dalla carenza di servizi per l'infanzia e dal supporto insufficiente alle famiglie, poiché, nonostante le difficili condizioni del 1943, il numero di nascite era infatti significativamente più alto.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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