- SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO?
- Scopri i vantaggi del nostro servizio
Mercati: Cina in mezzo al guado, tra inflazione e lockdown
La Cina è il mercato emergente con la performance più debole accusata fino a maggio, ma presenta delle potenzialità: le valutazioni sono diventate interessanti, il quadro politico è più sereno e la politica fiscale è diventata più accomodante. Unica incognita è la pandemia. Dubbi sull’inflazione.
Tutti le principali Borse mondiali in questa prima parte del 2022 hanno accusato ingenti perdite, tutte legate al rialzo dei tassi, all’impatto economico della guerra in Ucraina e alla costante fragilità economica della Cina (per la sua politica zero-Covid). Anche l’azionario dei mercati emergenti ha registrato lo stesso percorso ma, a dispetto del timore di una sua sottoperformance generato dal contesto generale, c’è stata una relativa buona tenuta grazie al fatto che questi Paesi hanno beneficiato di maggiori flussi di cassa (legati in particolare al vistoso rincaro delle commodity), valute resistenti e valutazioni interessanti.
L’azionario cinese è il più penalizzato tra gli emergenti
Russia a parte, osserva Guido Giammattei, lead portfolio manager, emerging markets equity team di RBC Global Asset Management, il mercato emergente con la performance più debole è stato quello della Cina, che ha archiviato i tre mesi a tutto maggio con un ribasso del 10,7%. Le perdite per gli altri emergenti, grazie all’ombrello offerto dalle materie prime, sono state limitate al 5,7%. Pechino si trova in una posizione alquanto difficile: la sua economia impone di allentare la politica monetaria e fiscale, proprio in un momento in cui la Fed e le altre principali Banche centrali le stanno inasprendo.
Scenario geopolitico più tranquillo
Di conseguenza, secondo il gestore, qualsiasi sforzo sul fronte monetario per contrastare l’impatto negativo dei lockdown è limitato dalle preoccupazioni di Pechino per i possibili deflussi di capitale. Giammattei individua quattro fattori che, con tutta probabilità, influenzeranno la performance dell’azionario cinese per il resto dell’anno. Tre di questi fattori, precisa, sono potenzialmente positivi. In primo luogo, la Cina sembra una minaccia meno immediata alla stabilità geopolitica (come mostra lo scarso sostegno alla guerra in Ucraina). È anche probabile che le pesanti sanzioni occidentali imposte alla Russia abbiano costretto Pechino a riconsiderare il potenziale impatto economico di una risposta simile se la Cina dovesse lanciare l’invasione di Taiwan.
Le valutazioni sono interessanti
Il secondo fattore di supporto sono le valutazioni. Le stime degli utili delle imprese cinesi sono state tagliate dagli analisti per 15 mesi consecutivi e l’attuale livello delle azioni in termini di prezzo e valore contabile è, afferma l’esperto, il più basso degli ultimi 20 anni rispetto all’indice MSCI World. Non solo, aggiunge, c’è da considerare che molte notizie negative sono state prezzate. Il terzo fattore positivo è rappresentato dalla politica fiscale, che sta diventando più accomodante. Sebbene le autorità locali non abbiano lo stesso margine di manovra rispetto al passato, ci sono segnali che indicano che la spesa pubblica sta avendo un maggiore impatto economico. Storicamente esiste una forte relazione tra la crescita della spesa pubblica, la crescita del credito e l’utile.
L’inefficacia della politica zero-Covid
Il quarto fattore è quello negativo, nel breve termine, ed è la ricomparsa dei casi di Covid-19 nel Paese e la poco efficace strategia del Governo (che impone lockdown draconiani) nella gestione dei focolai. L’attenzione rimane ora concentrata su Shanghai, città di 26 milioni di abitanti, dove Pechino ha iniziato ad allentare le restrizioni poiché i contagi sembrano aver raggiunto il picco. Finché le autorità manterranno la loro politica zero-Covid, secondo il gestore la crescita cinese sarà ostacolata e i titoli azionari avranno difficoltà a riprendersi, anche se le valutazioni diventeranno sempre più interessanti.
Attenti all’inflazione, soprattutto quella alimentare
Nelle strategie d’investimento Giammattei suggerisce di monitorare molto da vicino l’inflazione, soprattutto quella alimentare perché non bisogna dimenticare che l’Ucraina e la Russia sono i maggiori produttori ed esportatori di grano, orzo e altre materie prime agricole fondamentali. In secondo luogo, la Bielorussia è il più grande produttore di fertilizzanti, i cui prezzi sono saliti alle stelle, poiché le sanzioni frenano l’offerta e il vistoso rincaro del carburante aumenta i costi di produzione altrove. Ecco perché molti agricoltori nel mondo non sono in grado di permettersi i fertilizzanti ai prezzi attuali e questo riduce la resa dei raccolti. Un segnale al riguardo è sicuramente quello dell’indice.