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Mercati: cosa aspettarsi dopo gli ultimi rialzi di Bce e Fed
La direzione della Fed e dalla Bce, dopo i rialzi dei tassi decisi a inizio maggio, potrebbe divergere. Lo stimano gli esperti, secondo i quali oggi i mercati scontano da parte della Fed tagli di oltre 75 punti base entro dicembre e, dalla Bce saggi al 3,75 per cento quest’estate.
Tutto come ampiamente previsto sul fronte delle decisioni prese a inizio maggio dalla Fed e dalla Bce. Nonostante questo, la chiave di lettura delle dichiarazioni che hanno seguito l’ennesimo rialzo dei tassi d’interesse deciso su entrambe le sponde dell’oceano ha, a sorpresa, aumentato l’incertezza di fondo su cui si stanno muovendo i mercati. Gli investitori, infatti, si stanno chiedendo se l’azione restrittiva sia finita o – in mancanza di riscontri sull’efficacia avuta dalla manovra portata avanti negli ultimi mesi dalle Banche centrali – siano necessari ulteriori aumenti del costo del denaro per frenare l’inflazione (con il serio rischio di tarpare la crescita dell’economia). I prossimi dati, soprattutto del mercato del lavoro, potrebbero fornire un’indicazione.
La Fed è in vantaggio sui tempi per un taglio
In questo senso, la Fed potrebbe essere in vantaggio sulla Bce per tre motivi: l’inasprimento della sua politica monetaria è stato più aggressivo (ha visto salire i saggi oltre il 5% per la prima volta dal 2007), perché negli Usa c’è maggiore consapevolezza che la crescita stia rallentando e, infine, c’è un effetto manovra delle turbolenze che interessano le banche regionali Usa. Queste, stima Mark Dowding, CIO BlueBay RBC BlueBay AM, minacciano infatti un irrigidimento delle condizioni finanziarie, destinato a frenare ulteriormente l’attività economica, fino a rappresentare una vera e propria stretta creditizia. Se ciò dovesse accadere, potrebbe emergere il rischio di un rallentamento più rapido e prematuro del ciclo, anticipando così un possibile cambio di rotta della Fed.
Riflettori su mercato del lavoro e crisi delle banche regionali
Lo stesso Presidente, Jerome Powell, ha segnalato una possibile pausa eliminando la forward guidance, rendendo così più incerto l’esito della prossima riunione di giugno del FOMC. Ad amplificare le incognite contribuisce anche il fatto che, con un’inflazione ancora superiore ai tassi di cambio, è possibile che in alcuni ambienti Fed continui a serpeggiare il dubbio che la politica sia sufficientemente restrittiva da garantire il ritorno al target del 2%. Ecco perché, suggerisce Dowding, vale la pena monitorare da vicino il mercato del lavoro, che rimane sorprendentemente resiliente, e come si svilupperà la crisi del sistema bancario regionale statunitense (che potrebbe essere il preludio di un profondo ripensamento dell’intero modello bancario Usa).
I mercati scontano tagli Fed di oltre 75 pb entro dicembre
I mercati scontano poco più di 75 punti base di tagli cumulativi della Fed entro dicembre. Ciò può sembrare troppo ottimistico. Tuttavia, l’esperto sottolinea che se si verificasse un improvviso e brusco rallentamento dell’attività e se si prevedesse un calo dell’inflazione, la Fed avrebbe tutto il margine per abbassare i tassi quando sarà il momento. Con i tassi superiori al 5%, questo livello è ben al di sopra delle percezioni di un tasso neutrale. Di riflesso, aggiunge, qualsiasi allentamento monetario potrebbe progredire a blocchi di 50 pb alla volta, o anche più velocemente, se le condizioni lo giustificassero. A prima vista, il prezzo dei Treasury a 2 anni, su base forward a 1 anno, con un rendimento del 2,96% (più di 200 pb sotto i tassi attuali), sembra molto ricco.
RBC BlueBay, tassi Bce al 3,75% quest’estate
Anche nell’Eurozona il costo del denaro è diventato più caro in occasione dell’ultima riunione della Bce, con il tasso sui depositi portato al 3,25% (top dalla crisi finanziaria del 2008) in linea con la politica perseguita negli ultimi mesi. Il quadro economico dell’area è orientato al bello: la disoccupazione è scesa a un minimo storico dalla creazione dell’Unione monetaria, la fiducia delle imprese è solida e la crescita dei salari è elevata e l’inflazione è ben al di sopra dell'obiettivo ufficiale. Un quadro che lascia poco spazio alla Bce, il cui mandato è quello di contenere la domanda e ripristinare la stabilità dei prezzi. Per questo Dowding, ritenendo difficile che si possa prendere una pausa, continua ad aspettarsi tassi al 3,75% quest’estate.
La BoJ gioca con l’inflazione
Il recente rally dei rendimenti dei titoli di Stato giapponesi, dopo una riunione della BoJ relativamente dovish del governatore entrante Ueda, secondo l’esperto avrà breve durata. L’inflazione continua a salire e l’Istituto potrebbe pentirsi di non aver colto l’opportunità di modificare la politica quando la speculazione era bassa. Inoltre, quanto più a lungo lascerà crescere le pressioni inflative, tanto maggiore sarà la correzione al rialzo della policy e dei rendimenti dei bond. C’è l’impressione, secondo Dowding, che le autorità giapponesi siano lente a riconoscere il ritorno dell’inflazione perché non l’hanno vista per tanto tempo. Senza contare, ha aggiunto, il fatto che la BoJ sembra ancora disposta a far salire i prezzi: un gioco potenzialmente rischioso.
Dollaro debole, occhio ai negoziati sul debito Usa
Uno sguardo ai mercati valutari rivela un dollaro sotto pressione, in quanto cresce la possibilità che l’economia Usa possa iniziare a sottoperformare. Il biglietto verde sconta anche i timori legati al tetto del debito e sul previsto aspro confronto tra Democratici e Repubblicani. Tuttavia, per l’esperto c’è il rischio concreto che la scadenza per l’esaurimento della liquidità del Tesoro venga davvero superata. Se ciò avverrà, è probabile che l’Autorità dia priorità ai pagamenti del debito per evitare un default e il caos conseguente che si scatenerebbe sui mercati globali. Il seguito, comunque, potrebbe essere caratterizzato da un’elevata incertezza e potrebbe essere necessaria una certa pressione sui mercati per costringere entrambe le parti a raggiungere un compromesso.