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Mercati: cosa c’è dietro le obbligazioni ESG
La forte crescita registrata finora dai bond ESG è destinata a proseguire poiché Governi e imprese sono sottoposti a una crescente pressione per risolvere i problemi legati all’ambiente e alle diseguaglianze sociali. La mancanza di regole può alimentare il greenwashing.
Il mercato dei bond ESG ha registrato in questi ultimi anni una forte crescita: nel 2021, a soli 14 anni dall’emissione del primo green bond (2007), sono stati venduti per la prima volta oltre mille miliardi di dollari di bond per il finanziamento di specifici progetti ambientali/sociali (obbligazioni verdi, sociali e di sostenibilità) o per scopi generali (obbligazioni legate alla sostenibilità) la cui struttura è legata al raggiungimento, da parte dell’emittente, di un target ESG predefinito. Ma attenzione: se da un lato è incoraggiante vedere società e Governi che avviano progetti verdi e sociali idonei a ricevere finanziamenti obbligazionari con il contrassegno ESG, dall’altro è necessaria una cautela. Infatti, avverte Matt Lawton, portfolio manager fixed income di T. Rowe Price, questo settore in rapida crescita e ancora "nascente" si è rivelato vulnerabile al greenwashing.
Fondamentale avere un quadro di riferimento
Per questo motivo avere un solido quadro di riferimento è fondamentale per valutare le credenziali di un bond con etichetta ESG. Anche perché, sostiene il gestore, alla base della rapida crescita di questo mercato c’è un’insaziabile domanda da parte degli investitori, desiderosi di ottenere un’esposizione verso asset più attenti alle tematiche ESG. Ciò ha portato al cosiddetto greenium, per cui gli investitori sono disposti a pagare di più per un bond ESG rispetto all'equivalente "plain vanilla", nonostante entrambi presentino lo stesso livello di rischio di credito. Secondo l’analisi di T. Rowe Price, i bond ESG investment-grade denominate in euro sono tipicamente scambiati con un premio di circa 3 punti base rispetto ai bond vanilla, mentre il debito ESG denominato in dollari USA è mediamente più costoso di circa sei punti base rispetto agli equivalenti non ESG.
La forte crescita del mercato destinata a proseguire
Ci sono i presupposti per un’ulteriore espansione di questo mercato e non solo perché l’aumento della domanda rende i bond con etichetta ESG una forma di finanziamento sempre più conveniente. Questo scenario dovrebbe, infatti, continuare a invogliare gli emittenti a introdurre nuove operazioni ESG. Senza contare che aziende e Governi sono oggi sottoposti a una crescente pressione per passare a un’economia a basse emissioni e per migliorare problemi come la disuguaglianza sociale. Di riflesso, però, cresce anche il rischio greenwashing. La forte domanda di investimenti ESG e la flessibilità degli standard hanno creato un contesto che gli emittenti possono potenzialmente sfruttare. Al riguardo, ci sono indicazioni di società che vendono bond con etichetta ESG per progetti poco credibili o, nel caso di bond legati alla sostenibilità, che fissano obiettivi facili o già raggiunti.
L’assenza di regole certe dà spazio al greenwashing
La mancanza di norme certe e standardizzate alimentano il rischio dell’ambientalismo di facciata. Al momento, infatti, non ci sono linee guida obbligatorie; la maggior parte degli emittenti segue quelle dell’International Capital Market Association (ICMA) per ciascuna categoria di debito ESG: Green Bond Principles, Social Bond Principles, Sustainability Bond Guidelines e Sustainability-Linked Bond Principles. Queste linee, per altro, sono vaghe e mancano di dettagli specifici sulle categorie di progetti sociali e ambientali. Ciò lascia molta libera interpretazione da parte delle aziende, aumentando il rischio di potenziale greenwashing. Inoltre, sottolinea Lawton, si teme che il bond con etichetta ESG possa mancare di addizionalità o di impatto ESG positivo. Ad esempio, l’emissione di un green bond per spese operative di approvvigionamento di energia rinnovabile (già in corso) non costituisce nuovo investimento verde né raggiunge l’addizionalità.
Il 'pallino' in mano agli emittenti furbi
Un altro problema può rivelarsi la struttura del titolo di debito ESG legata alla sostenibilità che consente all’emittente di richiamare il bond prima della data di misurazione dell’obiettivo di sostenibilità o in cui la maggiorazione della cedola in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo è irrilevante. Per questo, suggerisce Lawton, è fondamentale valutare le credenziali ESG di un emittente quando presenta una nuova obbligazione. In sostanza, conclude, questi bond sono auto-etichettati e non hanno regole applicabili a livello globale, il che rende gli investitori vulnerabili a un possibile rischio di greenwashing.