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Mercati: i tassi bassi tendono a nascondere i rischi
L’attuale momento favorevole dei mercati potrebbe ingannare gli investitori, diventati meno prudenti influenzati in positivo dai bassi tassi e dalla ripresa economica, mentre sottovalutano i rischi connessi all’inflazione e alle possibili scelte restrittive delle Banche centrali.
Gli investitori sono diventati nell’ultimo periodo meno cauti, ‘incoraggiati’ da un quadro di fondo in cui si stanno muovendo i mercati all’insegna di fattori positivi: tassi d’interesse che restano bassi, i ripetuti segnali di ripresa dell’economia globale e il successo – nel controllo della pandemia e nell’alimentare la fiducia di famiglie e imprese – della campagna di vaccinazione. Tuttavia, secondo gli esperti, oggi stiamo assistendo a numerosi esempi di un’incauta assunzione del rischio. La storia, secondo David Eiswert, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Global Focused Growth Equity, suggerisce invece che questo tipo di comportamento debba essere gestito attivamente nei portafogli.
Situazione fluida
Sui mercati finanziari il dibattito rimane infatti concentrato su quale indirizzo prenderanno i tassi di interesse, se l’inflazione è temporanea o strutturale e sulla tenuta del ritmo di crescita del ciclo economico. Finora sia i Governi sia le Banche centrali hanno dimostrato di essere un buon argine alla pandemia globale, che senza l'inedito intervento adottato avrebbe avuto conseguenze molto più gravi per i mercati finanziari. Il risultato è che, per gli investitori, sembra esserci poco rischio sistematico se i tassi resteranno bassi e la pandemia migliorerà lentamente. Ma la situazione è molto fluida e soggetta a repentini cambiamenti, soprattutto perché i mercati arrivano da un’ampia corsa.
L’inflazione ‘assurda’
La prima incognita è l’inflazione. Assistiamo, secondo Eiswert, a un'inflazione ‘assurda’ in molte aree dell'economia, così come a un'inflazione generale nel mercato del lavoro. Tuttavia, l’esperto è d'accordo con la Fed nel ritenere che questo tipo d'inflazione sia transitoria. Sebbene un certo grado di inflazione sul mercato del lavoro rappresenti un fattore positivo, non è da escludere che un’eventuale escalation dei prezzi richiederebbe un cambio nella politica monetaria che potrebbe potenzialmente impattare sul ciclo. Al momento, comunque, la demografia e la tecnologia sono potenti driver strutturali che possono continuare ad alimentare le tendenze al ribasso dell'inflazione sul lungo termine.
La paura di un errore della Fed
Il gestore di T. Rowe Price ritiene che la più grande paura del mercato sia che un'inflazione ‘assurda’ possa spingere la Fed a commettere un errore: un rapido aumento dei tassi che provochi una crisi e un appiattimento, o addirittura un'inversione, della curva dei rendimenti. In questo scenario, il prezzo di quasi tutti i beni crollerebbe: azioni, bond, immobili, ecc. Abbiamo avuto un'anteprima di questo tipo di dinamica nel dicembre 2018, mentre i mercati oggi richiedono chiaramente una politica monetaria accomodante per mantenere l'equilibrio. Eiswert, nonostante questa considerazione, crede che i tassi dovrebbero essere più alti, ma non al punto da implicare un pericoloso cambiamento di scenario.
Lo scenario ‘Goldilocks’ per una lenta normalizzazione
Per questo motivo, in T. Rowe Price, sono sempre più propensi ad attendere uno scenario ‘Goldilocks’, con un'inflazione più bassa (rispetto a oggi) ma tassi più alti (anche se ancora storicamente bassi), tramite un percorso di lenta normalizzazione. Percorso che, secondo Eiswert, potrebbe essere generato da: 1) un forte rallentamento dell'economia cinese, dato che le riforme e la regolamentazione sono attuate solo quando ce n’è la possibilità 2) un'accelerazione dei casi Covid-19 della variante Delta, che rallenti la ripresa economica e 3) continui progressi nel miglioramento delle funzioni della catena di approvvigionamento.