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Mercati: la guerra tiene con il fiato sospeso
Il conflitto in Ucraina ha aumentato la volatilità sui mercati, con gli investitori impegnati a capirne gli effetti. Dalla guerra, secondo BlueBay, potrebbe derivare tre problemi per l’economia: gli approvvigionamenti, i redditi per il rincaro delle commodity e un quadro finanziario più rigido.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è destinata, con tutta probabilità, a cambiare radicalmente il quadro geopolitico mondiale. In primo luogo, da quando ha iniziato a coinvolgere direttamente la popolazione civile, ha avuto il merito di creare unità tra i membri dell’Unione Europea per quanto riguarda le sanzioni adottate contro Mosca. In secondo luogo, l’azione di condanna concertata dell’Occidente - che sta mettendo in ginocchio l’economia russa - ha visto l’aggregazione di Paesi solitamente restii a prendere posizioni così nette. Sul lungo termine, visto il fallimento della 'guerra lampo', secondo Mark Dowding, CIO di BlueBay, questo è un conflitto che la Russia non può vincere e qualsiasi occupazione finirà come in Afghanistan. Il problema è capire come potrà terminare, senza l’umiliazione del Cremlino.
La minaccia nucleare
Con Putin all’angolo cresce il rischio che faccia cose disperate. La minaccia nucleare - scrive l’esperto - dev’essere considerata in questo contesto ed è il motivo per cui l’Occidente non può e non vuole intervenire militarmente in Ucraina. Dal fronte russo è prevedibile un aumento dei cyber-attacchi e delle mosse per limitare i flussi di petrolio e gas per danneggiare l’economia globale. Nel mentre, il settore bancario è al collasso, lo stile di vita degli oligarchi sconvolto e presto le difficoltà si faranno sentire nel Paese. Secondo Dowding qualsiasi impatto sul ciclo mondiale può venire da tre canali distinti: da problemi delle supply chain per l’esclusione della Russia; dall’impatto sui redditi del rincaro delle commodity; dall’inasprimento del quadro finanziario a seguito della performance dei mercati.
L’effetto negativo sul Pil dell’Eurozona
In tutti e tre i casi l’economia statunitense è relativamente vista come isolata e quella dell’Eurozona più esposta. Tuttavia, a condizione che i prezzi del petrolio rimangano sotto i 120 dollari/barile, l’esperto di BlueBay stima che l’effetto negativo sul Pil dell’Eurozona ammonterà solo all’1-1,5. Allo stesso tempo, ritiene possibile un aumento dell’inflazione dello stesso ordine di grandezza. Contestualmente non è da trascurare la risposta che ci si attende dai Governi. In primo luogo, Dowding si aspetta un salto sostanziale nella spesa per la difesa. In secondo luogo, prevede forti iniziative per potenziare le infrastrutture energetiche al fine di limitare la dipendenza dal petrolio russo. Infine, prevede pacchetti di sostegno importanti per aiutare a gestire il grande flusso di rifugiati che fuggono dal conflitto.
La fase rialzista dei tassi è confermata
Questo scenario potrebbe anticipare, già nelle prossime settimane e per i mesi a venire, uno stimolo fiscale relativamente notevole. Senza contare che, quello che sta accedendo in Ucraina, avrà certamente un impatto molto significativo sulla politica monetaria nel medio termine. Gli esperti continuano comunque a vedere seri rialzi da parte della Fed nel 2022, con i tassi che saliranno fino all’1,5% e l’inflazione che rimane un problema.
Nell’Eurozona Dowding si aspetta che gli acquisti di asset cessino alla fine dell’anno e che i tassi salgano allo 0% entro marzo 2023. Nel frattempo, anche nel Regno Unito i tassi saliranno all’1,5% entro fine 2022, con un’ulteriore stretta monetaria nel 2023, perché l’inflazione continua ad accelerare. Di riflesso è consigliato adottare un orientamento di breve duration.
Il mercato del credito e i Paesi emergenti
Sul mercato del credito, che ha reagito con un aumento della volatilità e una riduzione della liquidità all’escalation della guerra, BlueBay continua a favorire i tassi in euro rispetto ai Treasury e ai Gilt. Una reazione fisiologica visti gli eventi, ma sostanzialmente senza eccessivo panico. Anche il sentiment nei mercati emergenti, lontani o vicini alla Russia, è rimasto relativamente solido. Il rincaro del petrolio pesa su chi importa energia (come India e Turchia) e favorisce chi esporta commodity, mentre l’allentamento della politica cinese sta portando un certo miglioramento delle prospettive macro. Anche questo può essere visto come un fattore di sostegno, così come la rapida ritirata della pandemia, con la variante Omicron che sta scemando. Ci sono esempi di alcuni asset sottostimati sulla scia della volatilità.
Il faro puntato sulla Romania
Tra questi c’è la Romania: le cui obbligazioni in euro a lunga scadenza hanno raggiunto rendimenti del 5%, spingendo l’asset management ad aumentare l’esposizione su di essi. Il Paese, ritiene Dowding, è un’emittente investment grade solido, che oggi è in difficoltà a causa di una sfortunata posizione geografica e di fattori tecnici deboli sulla scia delle ingenti emissioni recenti, ma pronto a beneficiare molto del dispiegamento di fondi fiscali nel 2022.