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Mercati monetari: lo sbandamento continua
Il via al tapering della Fed e la conferma dei tassi della Bce, entrambi ampiamente previsti, non hanno tranquillizzato i mercati monetari. Preoccupano le persistenti pressioni sui prezzi. Più in difficoltà per il mercato del Regno Unito, dove la BoE si confronta con rischio stagflazione.
I mercati monetari sono in subbuglio, nonostante dalle principali Banche centrali continuino ad arrivare segnali tranquillizzanti: la Bce e la Fed hanno confermato i tassi di riferimento. La prima, per altro, ha assicurato che c’è molta strada da fare prima di rendere autonoma la crescita economica dell’Eurozona, mentre sul fronte statunitense – come previsto – parte la riduzione (tapering) progressiva degli aiuti monetari (con una possibile rialzo dei tassi solo dal 2023). Eppure, nell'ultima settimana, i rendimenti del monetario nei Paesi sviluppati si sono mossi per prezzare aumenti multipli dei tassi entro i prossimi 24 mesi, compreso uno notevole (da 200 pb) entro 12 mesi in Nuova Zelanda.
Il mercato d’Oltremanica in difficoltà
Le obbligazioni a più lunga scadenza, nel frattempo, sono scese. Il mercato, ha osservato Mark Dowding, CIO di BlueBay, si è così posizionato dalla parte sbagliata di questo trade, soprattutto nel Regno Unito. Nel dettaglio, l’esperto ritiene che mentre in una certa misura le mosse siano giustificate dai rischi di inflazione in aumento a livello globale, il mercato è chiaramente in un territorio di overshoot (in particolare nel Regno Unito e in Europa). Ci sono da fare tuttavia alcune considerazioni. Per anni, politici e trader di bond si sono chiesti come sopravvivere all’ingente aumento del peso del debito e perché gonfiarlo è impossibile. Oggi, con una crescita nominale fino all'8%, un deficit previsto per il 2022 attorno al 4% e tassi di rifinanziamento per lo più sotto l'1,5%, ciò sembra realizzabile.
Le Banche centrali al palo
Sicuramente la crescita del debito e l’inflazione rappresentano incognite da non sottovalutare ma, secondo Dowding, per il bene dell’economia, le Banche centrali dovrebbero stare molto attente a non ritirare il supporto troppo presto (con il rischio di gelare la ripresa) e a non essere d'intralcio a una maggiore inflazione, almeno finché i tassi reali non iniziano a muoversi più in alto. Questo non è probabilmente un risultato ottimale perché gli investitori di moneta reale sono in questo momento intrappolati nel debito pubblico a basso rendimento, con una scadenza media ponderata notevolmente più alta. Per esempio, nel Regno Unito la scadenza media del debito è prossima ai quindici anni, ma i rendimenti reali oscillano tra il -2,5% e il -5%.
La BoE davanti al rischio stagflazione
Questa settimana la BoE ha lasciato invariati i tassi di interesse britannici, al loro minimo storico (0,1%), anche se negli ultimi giorni le aspettative di una stretta erano salite sensibilmente. L’Istituto, tuttavia, ha lasciato aperta la porta per un rialzo anche in tempi brevi (entro i prossimi mesi) se l’economia continuerà a migliorare. Unico problema sarà come governare l’inflazione che l’anno prossimo raggiungerà il 6%, prospettiva che rende troppo bassi i rendimenti dei Gilt all’1%. È quanto sostiene Dowding, secondo cui il quadro economico generale per il Regno Unito resta poco chiaro, con le dinamiche inflazionistiche che stanno comprimendo i redditi reali e l’eventuale rialzo dei tassi probabilmente farà aumentare i costi dei mutui. Ciò a sua volta incrementa le prospettive di stagflazione, rendendo la possibilità di una recessione nel 2022 molto più concreta.