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Mercati: un occhio agli Stati Uniti per capire dove andranno
Dagli Usa arrivano dati contradditori che confermano le difficoltà incontrate nel contrastare l’inflazione. Preoccupa la rigidità del mercato del lavoro. Si attende a maggio un altro rialzo dei tassi statunitensi. In Europa il ciclo rialzista della Bce si dovrebbe fermare al 3,75 per cento.
La relativa calma registrata sui mercati finanziari nelle ultime settimane (complici le festività legate alla Pasqua) potrebbe avere un corto respiro. Sul tavolo pendono diversi fattori che potrebbero cambiarne l’indirizzo, in un verso o nell’altro, durante l’anno. L’attenzione degli investitori è sempre rivolta agli Stati Uniti, dalla cui economia arrivano dati contradditori che confermano le difficoltà incontrate dalla Federal Reserve a contrastare l’inflazione. Per questo gli esperti ritengo che per un altro po’ i tassi d’interesse Usa continueranno a puntare al rialzo, prospettiva che rafforza l’idea secondo cui Oltreoceano faranno i conti con la recessione verso fine 2023. Ne è convinto, tra gli altri, anche Mark Dowding, CIO di RBC BlueBay AM.
La rigidità del mercato del lavoro è un segnale inflativo
Dietro la prudenza che sta caratterizzando gli investitori ci sono i dati del mercato del lavoro Usa e, soprattutto, il recente solido rapporto sui salari che ha determinato l’inversione di tendenza dei rendimenti dei titoli di Stato. La Borsa è risultata invece relativamente più stabile grazie alla continua attenuazione dei timori legati al settore bancario. Nel mentre, dai verbali del Fomc di marzo emergono i timori per le potenziali ricadute sul settore bancario in termini di inasprimento degli standard di prestito e di condizioni finanziarie più restrittive. Dowding sostiene che questo potrebbe frenare l’attività economica nei prossimi trimestri e si aspetta - come detto - una recessione lieve su entrambe le sponde dell’Atlantico verso la fine dell’anno.
Attenti alle false percezioni
Negli Usa, l’economia rimane stabile nonostante i recenti dati forniscano messaggi contraddittori alimentando false percezioni sul quadro reale. L'ultimo dato sull’inflazione ha incoraggiato a pensare che le pressioni sui prezzi stiano iniziando a diminuire (con l’indice CPI nominale al 5%, il più basso dal maggio 2021). Si è trattato, osserva invece Dowding, di un dato che ha sì interessato un po’ tutti, ma c’è anche l’impressione che, a parità di condizioni, questa serie di numeri favorevoli dovrebbe agire da freno alla volatilità solo nel breve e medio termine. Sarebbe infatti prematuro, aggiunge, sopravvalutare qualsiasi progresso nel ripristinare la stabilità dei prezzi, con l’inflazione sottostante che continua a seguire un andamento laterale e i prezzi delle commodity tornati a salire nell’ultimo mese.
Dalla Fed, in maggio, un altro aumento dei tassi
Non si può inoltre trascurare il fatto che l’inflazione di fondo non stia diminuendo al punto da indurre la Fed a fare una pausa nella prossima riunione. Per questo, in RBC BlueBay Am c’è sempre l’idea che la Fed aumenterà ancora i tassi dello 0,25% a maggio, prima di prendersi una pausa nel prosieguo. Lo stesso Dowding, inoltre, ammette di essere scettico sul fatto che l’inflazione e la crescita si moderino abbastanza da giustificare i tagli dei tassi attualmente previsti dal mercato a partire da settembre (due tagli dello 0,25% entro fine anno). In quest’ottica, stima che i rendimenti della parte anteriore della curva dei Treasury possano ancora beneficiare di un significativo rialzo. La prossima riunione del FOMC è in calendario per il prossimo 2-3 maggio.
Nell’Eurozona pesa l’incognita 'debito' nel dopo-Covid
Atmosfera relativamente calma anche sui mercati obbligazionari sovrani europei: gli spread dei Paesi periferici sono stati sostenuti da revisioni positive della crescita economica, da una politica stabile, da una dinamica del debito in calo e dallo scudo anti-spread della Bce. Tuttavia, con il passaggio a un mondo più 'normale', l’esperto di RBC BlueBay, ritiene che questi fattori potrebbero subire maggiori pressioni e che le valutazioni dovrebbero convergere verso livelli più tipici che riflettono il rischio di credito sottostante. Il documento del Governo tedesco sulle nuove regole fiscali Ue, che dovrebbero essere ripristinate (dopo la pausa-Covid), fornisce proposte più severe rispetto a quelle in discussione a Bruxelles, dando vita potenzialmente a un’altra battaglia tra i Paesi frugali e quelli poco austeri.
Il ciclo della Bce toccherà il picco al 3,75%
Per quanto riguarda la Bce, le note dei policymaker suggeriscono che l’inflazione nell’Eurozona potrebbe rimanere sopra il 4% ancora per un po’ e, con ulteriori inasprimenti, Dowding ritiene che il ciclo possa toccare un picco intorno al 3,75%. Ciò implica, spiega, che ci troviamo in un momento del ciclo in cui la Bce ha ancora più bisogno di mettere in atto una politica restrittiva rispetto alla Fed e che i rischi bancari sono meno probabili come problema duraturo nell’area rispetto a quanto potrebbe accadere negli Usa, per cui c’è un margine per l’euro di sovraperformare sul dollaro nei prossimi mesi. Nel mentre, la vicinanza alla fine del ciclo di rialzi della Fed e il contemporaneo calo della volatilità dei tassi core hanno favorito la classe d’investimento locale dei mercati emergenti (tramite il dollaro più debole).