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Paesi emergenti: verso un taglio dei tassi con il calo dell'inflazione?
L’inflazione nei Paesi emergenti è in discesa e, anche se rimane ancora sopra i target, potrebbe ancora risentire dell’effetto ritardato dei recenti aumenti dei tassi. È possibile, secondo gli esperti, che si apra spazio per un calo dei tassi. Attenzione però a cosa faranno petrolio e alimentari.
Il quadro inflativo nei mercati emergenti diventa, a sorpresa, più sereno dopo i recenti picchi. Ed è una situazione generalizzata, anche se l’inflazione rimane quasi ovunque sopra il target (fatta eccezione che in Cina, dove la disinflazione è un problema pur col rimbalzo economico in atto). Nei 17 principali Paesi emergenti, infatti, in marzo la media equamente ponderata dell'inflazione totale è scesa sotto il 9% dal 10% di gennaio, record degli ultimi 14 anni. Al calo delle tensioni, come nella maggior parte del mondo, ha contribuito in modo determinante la voce ‘energia’, in quanto gli effetti dell'impennata dei prezzi del petrolio seguita all'invasione russa dell'Ucraina si sono esauriti. E l’orizzonte resta sgombro da nubi: l'inflazione energetica – stima David Rees, senior emerging markets economist di Schroders - dovrebbe scendere ulteriormente nel breve e, se il greggio si mantenesse sugli attuali livelli, rimanere bassa nel prossimo futuro.
Attenzione a cosa faranno petrolio e alimentari
C’è tuttavia, segnala lo stesso esperto, un rischio evidente: l’eventuale aumento della domanda da parte della Cina, con la riapertura della sua economia (dopo la fine della politica zero Covid), potrebbe far salire i prezzi del petrolio e – di riflesso - far aumentare l'inflazione energetica con l’avvicinarsi del 2024. Ciò avverrebbe in un contesto di tagli alla produzione dell'OPEC+ e di tensioni geopolitiche. Si tratta di uno scenario (allargato alle altre materie prime) che in Schroders hanno iniziato a monitorare. Comunque, anche l'inflazione alimentare dovrebbe iniziare a scendere bruscamente nei prossimi mesi. A questo proposito, l’esperto spiega che il tasso di aumento dei prezzi ha superato le aspettative e i ritardi più lunghi nella trasmissione delle variazioni dei prezzi delle commodity (in genere di circa sei mesi) significano che l'inflazione alimentare (che ha un enorme peso all’interno dei panieri nei principali Paesi) nei mercati emergenti è solo all’inizio di un cambio di direzione.
L’effetto ritardato dei rialzi dei tassi
Di fatto, un calo di circa 12 punti percentuali plausibilmente potrebbe ridurre di circa 3 punti percentuali l'inflazione media degli emergenti entro fine anno. È quanto stima Rees, il quale rileva che ci sono comunque altri segnali che indicano che l'inflazione di fondo ha raggiunto il suo picco e che si ridurrà gradualmente nei prossimi mesi. Tra questi, sicuramente l’aumento dei tassi d’interesse, ma bisogna tenere conto che la stretta monetaria richiede in genere sei-nove mesi per ripercuotersi sull'attività, e l'impatto ritardato di rialzi aggressivi dei tassi significa che nel breve termine c'è una buona probabilità che la crescita in molti mercati emergenti sia inferiore alle aspettative. A questo punto, secondo l’economista, il calo dell'inflazione e il rallentamento della crescita economica dovrebbero indurre le Banche centrali dei Paesi emergenti (che nel frattempo si sono prese una pausa rispetto al ciclo aggressivo dei rialzi) a orientarsi verso tagli dei tassi nel corso del 2023.
Il mercato ignora il prossimo sostegno all’economia
Se questa preoccupazione a proposito del rischio di un rallentamento della crescita nel breve termine si rivelerà fondata allora, stima Rees, potrebbe non passare molto tempo prima che l'attenzione delle Banche centrali si rivolga al sostegno dell'attività economica in difficoltà. In sostanza, un cambio di rotta nella politica monetaria dei Paesi emergenti non sembra oggi essere completamente prezzato dai mercati finanziari. Sulla base delle aspettative del consensus per l'inflazione futura, che potrebbe essere troppo elevata, i prezzi di mercato implicano, in particolare, che le Banche centrali dell'America Latina e di alcune regioni dell'Asia dovrebbero applicare tassi d'interesse reali ampi e positivi in un momento in cui la crescita economica sarà probabilmente contenuta. Ciò, ha concluso l’esperto di Schroders, è intuitivamente sbagliato e suggerisce che la parte anteriore delle curve in queste aree emergenti dovrebbe, in ultima istanza, avere una buona performance sui relativi mercati.