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Pil: l’Eurozona sorprende, ma l’inflazione è al top da 13 anni
Nel terzo trimestre l’economia dell’Eurozona ha mantenuto lo stesso ritmo dei tre mesi precedenti, più 2,2 per cento. A trascinare la crescita sono stati in particolare Austria e Italia, mentre ha deluso la performance della Germania, dove il comparto manifatturiero ha tirato il freno.
Il passo intrapreso dalla ripresa economica dell’Eurozona ha colto di sorpresa le aspettative degli analisti: il Pil è cresciuto del 2,2% congiunturale nel terzo trimestre, eguagliando la performance dei tre mesi precedenti. Il livello di attività economica risulta essere inferiore solo dello 0,5% rispetto al picco pre-pandemico e ciò significa, secondo Azad Zangana, senior european economist and strategist di Schroders, che la ripresa dovrebbe essere completata nel corso di questo trimestre. Il processo non è però uniforme. A sorprendere maggiormente in positivo è stata la Francia (+3% contro un consensus del 2,1%), che ha beneficiato dell’aumento dei consumi delle famiglie e dell’allentamento delle restrizioni.
Il Pil italiano crescerà più del 6% previsto dal Governo
Bene anche l’Austria (+3,3%) e l’Italia (+2,6%, appena sotto il +2,7% consolidato nel secondo trimestre). Per quanto riguarda il nostro Paese, alla luce dei recenti dati, secondo il ministero dell’Economia, quest’anno il Pil dovrebbe crescere complessivamente più del 6% indicato nei documenti programmatici del Governo. Un ritmo, secondo gli esperti, che permetterà alla nostra economica di raggiungere entro i primi tre mesi del prossimo anno i livelli osservati prima della crisi innescata dalla pandemia. Un trend che è destinato ad avere effetti positivi sia sui conti pubblici, sia nei ‘giudizi’ positivi dei mercati finanziari nei confronti delle attività economiche ‘made in Italy’.
Delude la Germania, dove frena il manifatturiero
Per contro, secondo Schroders, ha deluso la Germania, il cui Pil è cresciuto dell’1,8%, in calo dall’1,9% del secondo trimestre. Pur trattandosi di un ritmo elevato su base storica, è evidente che i colli di bottiglia abbiano frenato il manifatturiero tedesco. Il Pil tedesco, in sostanza, è ancora sotto dell’1,5% rispetto al picco pre-pandemico, rispetto a quello della Francia (inferiore solo dello 0,1%). C’è il timore, ammette Zangana, che la Germania si sia lasciata sfuggire la possibilità di sfruttare la solida ripresa della domanda globale di beni. Secondo gli ultimi sondaggi sulle aziende, sembra che la domanda stia rallentando, riducendo il potenziale di rimbalzo per i produttori tedeschi.
Inflazione, le spinte ‘energetiche’ destinate a durare
Nel frattempo, i più recenti dati mostrano che l'inflazione della zona euro ha raggiunto il 4,1% su base annua, il tasso più alto degli ultimi 13 anni (luglio 2008). La pressione della componente energetica ha raggiunto il 23,5% su base annua, contribuendo con 2,1 punti percentuali al tasso principale. Questo a causa della ripresa dei prezzi all'ingrosso di petrolio e gas, scesi bruscamente l'anno scorso al culmine della crisi pandemica. Ciò che preoccupa, osserva l’esperto, è che l'inflazione energetica probabilmente aumenterà ancora e persisterà più a lungo del previsto, dato che i prezzi del petrolio sono saliti ulteriormente e c'è stato un forte aumento dei prezzi del gas all'ingrosso.
Dalla Bce un messaggio ottimistico
Anche se i dati confermano la continua ripresa, l’inflazione è attesa in ulteriore aumento e potenzialmente potrebbe andare a danneggiare la fiducia dei consumatori, riducendo il contributo proveniente dalla spesa delle famiglie, che è vista come il driver principale di crescita nel 2022. La Bce ha mantenuto invariata la propria politica, mandando un messaggio cauto ma ottimistico sull’outlook sottolineando ancora una volta che la maggior parte dei fattori che stanno influenzando i prezzi sono temporanei. In pratica, secondo Zangana, sono causati soprattutto da distorsioni momentanee (come l’IVA in Germania) ed elementi esterni (l’energia all’ingrosso) che dovrebbero venir meno entro fine anno.