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Recessione: rischio allontanato da Fed e Bce più accomodanti
Le due principali Banche centrali, nelle ultime settimane, hanno lanciato chiari segnali di aiuto per allontanare il pericolo della recessione. La prima è stata la Fed. Molti membri della Fed si sono detti disponibili a considerare una politica monetaria più accomodante.
Lo spettro della recessione si sta agitando sempre di più sullo sfondo dell’economia reale mondiale e così le due principali Banche centrali, nelle ultime settimane, hanno lanciato chiari segnali di aiuto. La prima è stata la Fed la cui mossa, secondo gli esperti, ha avuto il merito di spostare in avanti nel tempo il rischio di una recessione Oltreoceano e, di conseguenza, nel resto del mondo. Il presidente della Federal Reserve, nella sua audizione al Congresso, aveva ricordato che l’Istituto è impegnato ad agire “in modo appropriato per sostenere l’espansione” economica. Inoltre, ha aggiunto, in luglio molti membri della Fed si sono detti “disponibili” a considerare una “politica monetaria più accomodante” perché ritengono che si “siano rafforzati” i motivi che favoriscono un abbassamento dei tassi a causa delle forze che agiscono contro la crescita della congiuntura.
Bce, conferma la politica monetaria ma apre a nuovi tagli
Alla Fed si è poi accodata la Bce, che ha annunciato una politica monetaria altamente accomodante sul lungo termine, spinta anche dai recenti dati macro interni tutt’altro che brillanti. L’Istituto europeo ha sì confermato invariati i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la Banca centrale (rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al 0,40%), ma ha anche diffuso una nota che ha fatto lievitare le attese di allentamento del credito. Il Consiglio direttivo, in particolare, si attende ora che “i tassi di interesse di riferimento della Bce si mantengano su livelli pari a quelli attuali o inferiori almeno fino alla a tutta la prima metà del 2020 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l'inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine”. Una formula che, secondo gli analisti, segnala che l'Istituto centrale sta preparando un taglio dei tassi per la prima volta dall'inizio del 2016, probabilmente in coincidenza con la prossima riunione in calendario per il 12 settembre (quando ci sarà l’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche della Bce).
Inflazione resta bassa, molte le incognite di contorno
Tale convinzione si basa anche su come la Bce abbia messo in rilievo l’andamento dei prezzi al consumo, sottolineando di avere bisogno “di una politica monetaria altamente accomodante a lungo dato che i tassi di inflazione restano sotto l'obiettivo di lungo periodo”. A chiarire il pensiero ha contribuito lo stesso Presidente dell’Istituto, Mario Draghi, ammettendo che “non ci piace cosa vediamo sul fronte dell'inflazione e non accettiamo che l'inflazione rimanga in maniera persistente sotto l'obiettivo di lungo termine”. E quindi, ha affermato, “non siamo rassegnati a una stagnazione secolare ed è per questo che siamo pronti e determinati ad agire”. Per questo, ha sottolineato “l'ampio mandato” dato ai comitati dell'eurosistema per studiare varie opzioni per le nuove misure di politica monetaria che verranno adottate nelle prossime settimane. Una politica monetaria più accomodante, d’altronde, è resa possibile da pressioni inflative del tutto sotto controllo e potrebbe diventare quasi ‘necessaria’ per ammortizzare possibili sorprese che rischiano di arrivare dalle troppe incognite che oggi fanno da contorno.
Questioni commerciali, geopolitiche, Brexit
L’attenzione degli esperti, a questo proposito, resta focalizzata su tre elementi: la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, l’escalation delle tensioni tra Iran e Usa e la Brexit. Anche perché, spiegano, gli elementi sono tutti interdipendenti: le tensioni legate a un’eventuale guerra commerciale e il sensibile rallentamento dell’economia globale hanno di fatto abbassato il rischio inflazione e inciso negativamente sulla fiducia. Mentre un’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza un accordo rappresenta un salto nel buio per l’economia del Vecchio Continente. Un quadro che ha portato la Fed e la Bce ha assumere una posizione più ‘morbida’ nei confronti delle rispettive politiche monetarie per evitare la recessione, in previsione di veri e propri tagli dei tassi di interesse.