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Oro: top dal 2013 su escalation guerra commerciale tra Usa e Cina
Corsa ai beni rifugio, a partire dall'oro, sulla scia dell'escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Siccome il metallo giallo è diventato caro da acquistare, sulla sua scia si sta trascinando dietro anche l’argento, il quale nelle ultime settimane ha manifestato molta vivacità rispetto al sua tradizionale ‘calma’. Alla base della costante accelerazione dell’oro, che ormai dura da alcuni mesi (da fine maggio), c’è un quadro economico globale sempre più incerto, l’escalation della guerra commerciale Usa-Cina appunto (che rischia di travolgere tutti i Paesi), le rinnovate tensioni geopolitiche. Un mix di fattori, completato dalla debolezza dell’azionario e dagli scarsi rendimenti (se non addirittura negativi) dell’obbligazionario, che sta spingendo sempre più gli investitori a cercare rifugio nell’oro.
Ma cosa ha fatto impennare l’oro negli ultimi giorni? Il metallo prezioso è schizzato ai nuovi massimi degli ultimi sei anni (aprile 2013) dopo che il presidente statunitense, Donald Trump, ha preannunciato un nuovo giro di vite sulle importazioni di prodotti cinesi, minacciando di alzare i dazi esistenti dal 25% al 30% e quelli in arrivo il mese prossimo dal 10% al 15%. Questo in risposta all'annuncio di Pechino, che venerdì aveva promesso nuovi dazi su 75 miliardi di dollari di importazioni statunitensi come risposta a quelli che gli Stati Uniti imporranno - a partire dal primo settembre e dal 15 dicembre - su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi. I future dell'oro sono arrivati a guadagnare l'1% circa a 1.554,56 dollari l'oncia, il massimo da aprile 2013, per poi assestarsi su un guadagno dello 0,8% a 1.549,5 dollari.
Prossimo test a quota 1.600 dollari l’oncia
A questo punto l’oro, secondo gli analisti, ha tutti i presupposti per salire abbastanza rapidamente oltre la soglia dei 1.600 dollari l’oncia: ovvero ha tutte le potenzialità per apprezzarsi del 25% rispetto a quanto quotava appena un anno fa: nell’agosto del 2018 la quotazione media ballava sulla soglia dei 1.200 dollari l’oncia. Ci sono addirittura esperti che azzardano un’arrampicata più ardua e, come Daniel Ghali, strategist di TD Securities, indicano 2.000 dollari come obiettivo di lungo periodo. Questa corsa potrebbe essere accelerata dalla chiara posizione di ‘avversione al rischio’ che hanno assunto ultimamente i mercati, con gli investitori che si stanno orientando su beni rifugio quali yen, franco svizzero (non correlati al dollaro) e, appunto i metalli preziosi.
Investitori in fuga dai rendimenti negativi dei titoli di Stato
A fare da propellente all’oro contribuiscono anche la svalutazione dello yuan cinese (decisione di Pechino come ritorsione ai dazi Usa) che ha un doppio effetto: rende più economico l’export cinese verso gli Usa e più caro l’export Usa verso la Cina. Un aspetto che getta ancora più incertezza sul percorso del dollaro, con il Presidente Trump che lo vuole più debole per agevolare le esportazioni di Washington. Altro fattore che sta sostenendo l’oro sono i rendimenti negativi che attualmente riconoscono i titoli di Stato europei, con gli investitori che oggi in alcuni casi devono riconoscere un premio allo Stato emittente (come Germania, Francia, Olanda, Spagna e Italia per quanto riguarda quelli a breve termine) piuttosto che il contrario. Nel frattempo stanno scendendo anche i rendimenti reali dei Treasury statunitensi che, così, stanno perdendo il loro tradizionale appeal di porto sicuro.
L’argento potrebbe tornare a brillare presto
Sul fronte europeo, inoltre, c’è l’incognita della Brext e, soprattutto, di una soluzione senza accordo con Bruxelles sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Quest’ultima ipotesi, accresciuta con il nuovo primo ministro britannico Boris Johnson, ha aumentato il riserbo degli analisti verso investimenti più a rischio. Da qui la recente maggiore attenzione degli investitori anche per l’argento che, secondo Ned Naylor-Leyland, gestore del fondo Merian Gold&Silver, “potrebbe tornare a brillare presto”.
L’argento – scrive - è sempre stata la moneta della gente comune, - mentre l’oro la moneta dei re. Tuttavia, a differenza dell’oro, che è uno strumento d’investimento ben pubblicizzato, l’argento viene percepito di meno come segmento in cui investire, quindi può volerci del tempo prima di vedere un aumento dei suoi flussi. L'argento, che viene considerato sia una valuta che una commodity, è utilizzato in diversi modi e settori, ad esempio per strumenti elettronici, solari e medici. Il beneficio è che il suo profilo di rendimento è circa doppio rispetto a quello dell’oro, il che significa che aumenta di valore in maniera molto più rapida rispetto all’oro quando i prezzi dei metalli preziosi aumentano, anche se può vedere al tempo stesso un declino più veloce quando i prezzi sono in diminuzione.