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Sondaggio Swg: i giovani più restii ad avere figli
In Italia “il ricambio naturale della popolazione appare sempre più compromesso” riporta l’Istat nel suo ultimo rapporto, riaccendendo i timori dei cittadini circa le prospettive del Paese e, soprattutto, i diritti garantiti dei suoi anziani. Ci si interroga sui perché, nel 2019 (come ha certificato l’istituto di ricerca), c’è stato un saldo pari a -212mila unità, frutto della differenza tra 435mila nascite e 647mila decessi. In pratica lo scorso anno, ogni cento morti sono ‘arrivati’ solo 67 bimbi: il rapporto più basso degli ultimi 102 anni. Una ricerca di mercato dell’istituto Swg ha cercato di fare luce su come la società ‘legge’ questa situazione e sui perché - al primo gennaio di quest’anno - i residenti nel Belpaese erano scesi a 60milioni e 317mila, ben 116mila in meno su base annua.
Per il 43% dei giovani è incosciente chi vuole più di due figli
In primo luogo l’età in cui si decide di diventare genitori si sposta sempre più avanti, come evidenzia l’indagine secondo cui i 25-44enni sono i più restii rispetto alla scelta di avere figli. C’è da considerare che in questa fascia di età la percentuale di chi è d’accordo sul fatto che “senza un figlio/a la vita di una persona è incompleta” crolla al 57 per cento contro una media del 67% emersa nella ricerca. Sale anche il loro pessimismo (al 43% dal 38%) sulla valutazione se una persona è da considerarsi incosciente se arrivasse a pensare di fare più di due figli, mentre all’affermazione “se potessi tornare indietro, oggi non farei più un figlio (o farei meno figli di quelli che ho)” la quota dei pareri negativi tra i 25-44enni balza al 22% rispetto a una media registrata dalla ricerca del 15%.
Per il 24% il calo demografico non è prioritario
Lo specchio che restituiscono le valutazioni se il calo demografico denunciato dall’Istat sia o meno un problema prioritario è la prova del nove di quello che pensa la generazione di mezzo: solo il 24% dei giovani tra i 25 e i 44 considera che sia una priorità d’intervento, contro il 33% avvertito dal Paese. Inoltre, ben il 36% di loro (contro il 27% di media) risponde che sia un problema non grave. È lungo l’elenco dei motivi che, secondo gli italiani, frenano la foglia di diventare genitori.
Mancano sicurezza economica, servizi e lavoro
Al primo posto c’è l’insicurezza economica per ben il 66%, percentuale che al 74% tra le persone che non hanno prole. Subito dietro, con il 62% (70% tra chi non ha figli), c’è la precarietà lavorativa. Il terzo posto è occupato dalla mancanza di servizi dedicati alla famiglia (35%) e il quarto posto dalla difficoltà di conciliare famiglia/lavoro (29%). Al quinto posto si piazza un fattore di egoismo: con il 15% di media (e il 21% tra chi non ha figli) la considerazione che fare un figlio comporta troppi sacrifici a livello personale. Anche la maggiore instabilità nelle relazioni affettive (con il 13%) è considerata un freno nel fare figli. Tra le altre cause rilevata dalla ricerca di Swg ci sono i figli oggi non rappresentano più una priorità (11%), la mancanza di supporto alla cura del bambino dalla propria rete famigliare (10%), il nuovo ruolo della donna ha ridotto la sua disponibilità e il suo interesse a fare e a seguire i figli (10%), è una scelta personale, indipendente dalle condizioni socio-economiche (7%).
Per svoltare incentivi, servizi, sicurezza contrattuale
Se da una parte gli italiani si dichiarano scettici sulla gravità di questo problema, dall’altra mostrano di avere molte idee su come risolverlo additando subito agevolazioni fiscali, servizi e sicurezza contrattuale. Tra le priorità di intervento per favorire un incremento della natalità in Italia il 46% cita la concessione di maggiori sgravi fiscali alle famiglie con figli, per il 44% bisogna rendere i servizi alla famiglia economicamente accessibili (60% per i giovani tra 18 e 24 anni), per il 41% c’è bisogno di creare strutture e servizi per la famiglia e per il 40% bisogna garantire sicurezza contrattuali. A questo ultimo proposito, per il 28% c’è bisogno di incentivare la flessibilità circa gli orari di lavoro (43% per le coppie senza figli) e per il 16% incentivare la possibilità di smart working.