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Mercati, il solito aiuto dalla Yellen
La settimana borsistica ha mostrato finora un buon andamento nella giornata di giovedì 22 settembre: il Nasdaq composite in America ha toccato un nuovo massimo storico intraday a 5.343.
Indubbiamente le dichiarazioni di Janet Yellen hanno aiutato non poco i mercati globali a tirare un sospiro di sollievo: per il momento niente rialzo dei tassi di interesse che potrebbe però avvenire già a dicembre.
La Fed insomma è ancora fissa sulla propria politica di attendismo accompagnata da promesse di normalizzazione; nel frattempo il Pmi preliminare di Markit per l'Eurozona venerdì 23 settembre ha mostrato un rallentamento rispetto ad agosto, passando da 52,9 a 52,6 valore al di sotto delle aspettative, ma ancora ampiamente in un'area di sicura espansione.
Settimana dopo settimana dunque sembrano confermati lo scenario di lenta crescita e la gerarchia presente sui mercati di tutto il mondo. Infatti l'America, ricca di aziende growth, appare comunque destinata in questo 2016 a sovraperformare l'Europa, a fronte di una grande ripresa degli emergenti, in gran spolvero dopo la Fed. Anche le misure della Bank of Japan, che ha deciso di adottare un obiettivo di tassi di interesse a zero sui bond nipponici, è stato ben accolto dai mercati.
La settimana prossima non si presenta come particolarmente ricca di notizie economiche tali da muovere i mercati: fra i dati più importanti ci sarà da tenere d'occhio l'indice Case Shiller sull'andamento dei prezzi delle case nelle 20 metropoli maggiori degli Usa (pubblicato martedì 27), il Markit Pmi flash sui servizi, sempre negli Stati Uniti, nonché le vendite al dettaglio in Germania, sempre di martedì.
Per il resto appare probabile che i prossimi giorni non portino enormi novità sui mercati: è chiaro dalle parole delle banche centrali che grandi prospettive di crescita non sono all'orizzonte. In mancanza è plausibile che si continui con borse che vanno nelle stesse direzioni degli ultimi mesi, con un livello di volatilità molto contenuto, accompagnato però da brevi frangenti di nervosismo, specialmente a fronte di dati deludenti.
Dall'altra parte questo nervosismo si è manifestato di recente sui titoli di stato di alcuni dei maggiori emittenti, fra cui Regno Unito, Usa, Germania e ovviamente Giappone, data l'azione della locale Banca centrale. È ancora presto per parlare di rivolta degli investitori contro i rendimenti negativi, visto che ormai circa la metà delle obbligazioni governative europee ad esempio scambia sotto la soglia dello zero. Non è improbabile però che in tali ambiti movimenti giornalieri che rientrano normalmente nel campo degli outlier statistici comincino a diventare sempre più frequenti.
Va detto infine che questo lunedì c'è il primo dibattito fra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, Hillary Clinton e Donald Trump. Visto il carattere dei due personaggi, non ci sarebbe da stupirsi se il discorso risultasse per così dire vivace: detto ciò, a meno che non saltino fuori comportamenti e discorsi folli, è difficile che si vedrà un forte movimento sui mercati. Il rischio politico nei paesi sviluppati costituisce una delle novità più clamorose di questi ultimi anni, però, come si è visto di recente nel caso della Brexit, gli investitori tendono a sottovalutare, se non direttamente ignorare, i problemi finché che non vengono colpiti direttamente.
Periodo di calma dunque, caratterizzata da un buon livello di fiducia, in particolar modo se paragonato al terrore di qualche mese fa: i problemi strutturali restano però tanti e scoppiano spesso all'improvviso nella mente degli investitori.