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L’importanza dell’orizzonte temporale
L’orizzonte temporale di un investitore misura il massimo intervallo di tempo all’interno del quale l’investitore è in grado di non preoccuparsi delle oscillazioni di valore complessivo del proprio investimento
E’, quindi, un concetto più ampio della semplice disponibilità liquida. Che, in linea generale, rappresenta la misura massima dell’orizzonte temporale. Vediamo un esempio. Supponiamo di disporre di un certo ammontare di liquidità da investire. Supponiamo inoltre che siamo in grado di stabilire con sicurezza che questa liquidità, che costituisce la parte più stabile dei nostri risparmi, non ci sarà necessaria per un lungo intervallo di tempo: 10 anni, ad esempio. Ebbene, dieci anni sono la misura del nostro orizzonte di disponibilità. Ma questo è il nostro orizzonte temporale? No, o perlomeno non ancora.
Per definire il nostro orizzonte è necessario soprattutto sapere per quanto tempo siamo in grado di dormire tranquilli sapendo che i nostri risparmi sono investiti e senza avere la preoccupazione di verificare quale è il valore di mercato del nostro investimento. Supponiamo che alla fine del primo anno andiamo a verificare quale è il valore del portafoglio e riscontriamo una perdita potenziale pari al 10% del valore del suo valore.
A questo punto un investitore può reagire in modi differenti, che sono di fatto spiegati proprio dalla misura dell’orizzonte temporale. C’è chi , in queste condizioni, non esiterebbe a liquidare il portafoglio per cambiare tipo di investimento passando a qualcosa di meno “rischioso”. Ebbene, questo investitore ha un orizzonte temporale che è al massimo pari ad un anno, e che è quindi molto differente rispetto alla misura dell’orizzonte di disponibilità.
Altri, nella stessa situazione, potrebbero rimandare però ogni decisione ad una nuova rivalutazione del portafoglio da effettuarsi più avanti nel tempo. Questi investitori avranno diversi orizzonti temporali, lunghi più o meno tanto quanto è l’intervallo di tempo che lasciano trascorrere fino alla prossima valutazione del portafoglio in base alla quale decideranno se cambiare il tipo di investimento.
In pratica l’orizzonte temporale è l’intervallo di tempo massimo per il quale riesco a resistere senza fare una valorizzazione del portafoglio per decidere se sia il caso, qualora ci siano ampie oscillazioni di valore, di passare ad un tipo di portafoglio meno rischioso.
Per l’investitore che adotta un approccio orientato al lungo termine, un buon supporto alle performance realizzabili può arrivare dall’interesse composto. L’interesse viene detto composto quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto. Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante (che è la somma del capitale investito inizialmente e degli interessi maturati su di esso) verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo.
Il tempo è dunque un alleato del risparmiatore? Certamente sì: in qualche maniera può essere considerato una sorta di diversificazione degli investimenti. In un portafoglio ben gestito c’è una presenza di diverse asset class allo scopo di spalmare il rischio su prodotti differenti e possibilmente non correlati, allo scopo di assorbire eventuali momenti di crisi di una categoria di investimenti. Ma la diversificazione può essere anche di tipo temporale: a una fase di difficoltà dei mercati normalmente succede un periodo di crescita e di conseguenza avere una strategia di lungo periodo (10-15 anni, ma anche 20 o 30) significa fare una media tra i diversi cicli più o meno favorevoli.