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L’irrefrenabile corsa del debito
Il debito globale a livello planetario ha toccato un nuovo record nel secondo trimestre dell’anno in corso dopo aver raggiunto i 226.000 mld di Usd, triplicando così il Prodotto interno lordo mondiale.
I dati ci dicono che il debito globale continua ad aumentare. Nell’ultimo anno l’incremento del volume è stato di 7.500 mld di dollari. La Cina ha ricoperto un ruolo di primo piano nel processo, in particolare a partire dal 2008. Il problema cinese si annida nella composizione del debito: il ritmo di crescita dell’esposizione delle imprese non finanziarie ha seguito un trend discendente nel gigante asiatico. L’accelerazione del volume complessivo è dovuta quasi esclusivamente al comportamento dei nuclei familiari, che hanno aumentato di molto la quota di debito rispetto al reddito disponibile.
Il tema dell’indebitamento eccessivo delle famiglie –e dei suoi effetti sull’indebitamento globale- non riguarda solo la Cina, ma si estende anche a paesi che difficilmente immagineremmo coinvolti dal fenomeno: Norvegia, Svezia e Australia. Anche in questi ultimi paesi, l’impennata del debito dei nuclei familiari si registra a partire dal 2009. La spiegazione del fenomeno va ricercata nella continua crescita dei prezzi degli immobili e nella necessità di destinare quote crescenti del reddito familiare all’acquisto della casa. A peggiorare il quadro c’è il peso rilevante assunto dai mutui a tasso variabile rispetto a quelli a tasso fisso. In siffatta situazione, le famiglie sarebbero le prime a subire gli effetti negativi di un’accelerazione del costo del denaro conseguente alla normalizzazione della politica monetaria.
Quest’accelerazione dell’indebitamento a livello globale, che ha raggiunto il 324 del Pil mondiale, ha i suoi rischi, in particolare adesso che siamo agli albori di un cambiamento del ciclo monetario (che probabilmente si materializzerà completamente solo nel lungo termine). Anche se fino a questo momento i tassi d’interesse si sono mantenuti su livelli bassi, sta aumentando il numero di società che comincia ad avere qualche problema per onorare regolarmente il pagamento degli interessi e il rimborso dei bond giunti a scadenza con i flussi di cassa che riescono a generare.
La percentuale di società con problemi –quelle che non riescono a coprire la spesa per interessi (interest coverage ratio), ha raggiunto un’incidenza compresa tra il 15 e il 25% degli asset societari in paesi come Brasile, India, Turchia e Cina. Anche in diversi mercati sviluppati – Canada, Germania, Francia e Stati Uniti- si è verificato un aumento della tensione.
Nella maggior parte dei casi si tratta di società che non riescono a pagare gli interessi previsti dalle obbligazioni emesse con i rendimenti generati dai rispettivi investimenti. Per calcolare questo ratio si divide l’Ebit della società per l’ammontare complessivo di interessi che dovranno essere pagati in un determinato lasso di tempo. In siffatto scenario, se la Federal Reserve continuerà a indurire la sua politica monetaria, il rischio per le operazioni di rifinanziamento risulta elevato. Entro la fine del 2018 arriveranno a scadenza 1.700 mld di usd in bond e prestiti sindacati. Cina, Turchia, Russia e India sono i paesi maggiormente interessati dai bond in scadenza nel breve e medio termine.
Fino a questo momento, gli annunci delle principali Banche centrali dei paesi industrializzati (Fed, Bce, BoE e BoJ) non hanno scalfito la fiducia riposta dagli investitori obbligazionari nella durata del ciclo dorato dei titoli di debito. Tuttavia, l’elevato ammontare complessivo raggiunto dall’esposizione finanziaria delle aziende e degli Stati, comporterà inevitabili problemi in sede di rifinanziamento delle emissioni nel momento in cui i responsabili della politica monetaria decideranno di fare passi più decisi.