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Small cap, ancora il meglio dell’Europa
Una delle idee più consolidate è che le small e mid cap portino tendenzialmente maggiori guadagni nei momenti buoni delle borse, ma abbiano una più elevata volatilità rispetto alle azioni più importanti e di conseguenza nei momenti difficili del mercato tenderebbero a scendere più velocemente.
A questo punto, dopo la correzione (per il momento modesta) delle due settimane passate, può essere interessante vedere come si sono comportate le capitalizzazioni più piccole nei più importanti mercati europei e se hanno davvero ampliato le perdite rispetto ai benchmark che raccolgono le large cap.
Cominciamo con l’Italia. Il Ftse Mib ha registrato il suo massimo il 23 gennaio di quest’anno a 23.952 punti e attualmente è a 22.177, con una perdita del 7,41%. L’indice delle mid cap, il Ftse Italia mid cap, dalla punta a quota 45.145 fatta registrare il 26 di gennaio (ha quindi cominciato a venire giù leggermente in ritardo rispetto alle blue chip) è sceso agli attuali 41.337 punti, con un calo dell’8,73%, mentre le capitalizzazioni minori comprese nell’indice Ftse Italia small cap sono passate dal livello di 25.378 registrato anch’esso il 26 gennaio all’attuale quota di 22.896, con una caduta del 9,78%. In pratica, sia pure in maniera non drammatica, l’assunto che mid e small cap nei momenti difficili perdano di più almeno in Italia sembra confermato.
C’è però un altro dato che vale la pena guardare con attenzione: la performance a un anno dei tre indici e in questo caso i valori sono molto diversi. Se infatti il Ftse Mib nei 12 mesi appena trascorsi ha guadagnato il 15,58% (una delle migliori performance del pianeta), le small cap mantengono tuttora una crescita complessiva del 17,43%, mentre le mid cap addirittura del 23,27%. In pratica i guadagni degli scorsi mesi sono stati in grado di compensare più che largamente le perdite leggermente superiori delle ultime settimane e per il momento chi ha puntato sulle capitalizzazioni minori, anche se ha sofferto un po’ negli ultimi giorni, si può considerare ancora un investitore fortunato.
Non molto diversamente è andata in alcuni dei maggiori mercati europei: il Dax, l’indice della borsa tedesca che raccoglie le più importanti aziende della più forte economia europea, dopo un 2017 decisamente buono ha notevolmente sofferto nei primi giorni del 2018 e chi ha investito sull’indice 12 mesi fa si trova attualmente un modesto guadagno del 3,58%. Molto meglio è andata a chi ha puntato sulle capitalizzazioni medie, che restano con un guadagno in un anno del 13,15%, nettamente migliore rispetto alle azioni principali.
E sostanzialmente uguale l’altra grande borsa dell’Eurozona, cioè Parigi, che attualmente mantiene una crescita del 4,52% per il Cac 40, un benchmark che raccoglie le 40 maggiori società transalpine, mentre il Cac mid & small cap resta solidamente a più 15,44%.
In pratica, osservando l’andamento delle capitalizzazioni minori delle più importanti borse europee in questa fase non facilissima si può trarre qualche conclusione interessante. Sicuramente viene confermata una volatilità maggiore, anche se non particolarmente rilevante rispetto alle capitalizzazioni più importanti, ma viene altresì confermato un trend di rendimenti molto maggiore. In pratica performance che negli altri mercati sono tipiche delle azioni tecnologiche nel Vecchio continente sono appannaggio delle imprese minori. Che peraltro non a caso hanno spesso una componente hi-tech largamente superiore a quella dei giganti industriali più titolati.