- SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO?
- Scopri i vantaggi del nostro servizio
Una nuova mina vagante per l’Eurozona
Molti responsabili dei team di gestione sottolineano la preoccupazione per l’ascesa di formazioni politiche italiane che hanno manifestato più volte posizioni scettiche nei confronti dell’Unione Europa
Il PIL italiano è ancora inferiore del 15% rispetto al livello pre-crisi, il tasso di disoccupazione è dell'11,1% secondo Eurostat a gennaio, rispetto al livello pre-crisi pari al 6,6% (media della prima metà del 2008). Inoltre, l'Italia non è in grado di adeguare la propria economia con un alto tasso di inflazione attraverso la svalutazione valutaria, come faceva in passato. Pertanto, la questione centrale è capire come l'Italia possa recuperare il ritardo rispetto allo slancio dell'eurozona. I partiti tradizionali non hanno dato una soluzione e gli italiani si piegano al populismo, anche se è un non-sense poiché le loro promesse vengono fatte senza vincoli: potrebbero spendere di più e non dipendere da Bruxelles. Ma questa non può essere una soluzione in un paese in cui la crescita della produttività è vicina allo 0% dall' inizio del 2000.
Azad Zangana, Senior European Economist & Strategist, Schroders, ha sottolineato che il risultato del voto italiano è molto importante per gli investitori internazionali, specialmente per le dimensioni dell’economia del Paese. Sebbene i partiti euroscettici abbiano ottenuto un buon risultato, il rischio di uscita dell’Italia dall’euro e dall’Unione Europea è basso, poiché la Costituzione non permette un voto su questi temi e, per cambiare la Carta, serve una maggioranza dei due terzi del Parlamento, che i partiti euroscettici non hanno. Il principale rischio è uno slittamento a livello fiscale e la possibilità di passi indietro sulle importanti riforme approvate negli ultimi anni.
Ciò metterebbe l’Italia in rotta di collisione con la Commissione Europea e potrebbe anche svegliare i cosiddetti “bond vigilantes”. Un Governo guidato da partiti estremisti potrebbe spingere gli investitori internazionali a vendere i titoli di Stato italiani, causando un forte rialzo dei rendimenti sull’enorme ammontare di debito pubblico, attualmente pari a circa 2.200 miliardi di euro (133% del Pil) a fine 2017. Per il momento, gli acquisti di bond da parte della Banca centrale europea probabilmente preserveranno la calma sui mercati. Tuttavia, da Schroders si aspettano la fine del QE della BCE verso fine anno: ciò renderà l’Italia più vulnerabile.
Secondo il team di Statee Street, il rischio politico è tornato sulla scena. Da sempre l'Italia era destinata ad essere il Paese in cui le problematiche relative alla costruzione dell'Eurozona sarebbero emerse in modo più acuto. Nonostante il recente calo del sentiment anti-Euro all'interno dei discorsi del Movimento, il risultato di oggi rappresenta una battuta d'arresto al forte consenso che la moneta unica stava raccogliendo nell'ultimo periodo. Potrebbe essere comunque troppo presto prima che questo si traduca in una vera e propria crisi dell'Eurozona e il mercato dovrà analizzare l'impatto delle elezioni sulle riforme vere e proprie.
Ma la voce ormai si è sparsa e lo spread dei BTP potrebbe ampliarsi rispetto ai livelli attuali, mentre la forza dell'Euro potrebbe subire una battuta d'arresto fino a quando non si avrà maggiore chiarezza. Tutto questo potrebbe inevitabilmente avere un impatto su altre asset class denominate in euro, almeno fino a quando il mercato non sposterà la sua attenzione sul prossimo importante evento europeo di questa settimana, ovvero il meeting della Banca Centrale Europea.
Nel breve termine, la BCE non cambierà il suo atteggiamento nei confronti dell'Italia, ma le domande arriveranno nel caso che alla guida ci sia un governo populista che non si fida delle istituzioni europee.