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Il Piave italiano
Nella giornata di mercoledì 4 aprile si è verificata l'ennesima giornata volatile e negativa per gli asset rischiosi un po' in tutto il mondo. Essenzialmente oggi la ripresa è messa a rischio da un processo di normalizzazione delle politiche monetarie partito negli Usa la cui riuscita appare dubbia e che comunque sicuramente mal si concilia con la politica del protezionismo del presidente Trump, che almeno nell'immediato non aiuta l'andamento del Pil globale.
Detto ciò, vale la pena concentrarsi su quello che è ancora un segnale di tenuta molto forte da parte degli investitori, ossia l'andamento dell'azionario italiano. Italia e Spagna sono state nell'ultimo decennio un totale outlier negativo in termini di performance dei propri mercati, anche aggiustando l’andamento delle borse in rapporto alla crescita dell'economia. La Spagna notoriamente da qualche mese è in preda a una crisi istituzionale non delle più leggere in una delle sue aree più ricche, cosa che ha depresso, e non poco, l'andamento della borsa locale. Milano, invece, è tuttora in questo 2018 una delle piazze che hanno meglio performato al mondo, nonché una delle pochissime che scambia ancora un territorio positivo. Attualmente il Ftse Mib si trova rispetto a fine 2017 in rialzo dell’1,6% circa (in valuta locale e in termini di total return).
Tutto ciò in un contesto in cui troviamo un oceano di rosso, anche nella maggior parte dei mercati emergenti. L’S&P 500 è in ribasso del 2,2% e le azioni A di Shanghai del 5,3%, mentre alcuni mercati decisamente ciclici, quali Canada (-6%), Giappone (-6,4%) e Germania (-8,7%), hanno messo a segno performance particolarmente disastrose. Non solo: se consideriamo il calo dai picchi di gennaio, quello italiano (circa il 7%) appare di gran lunga inferiore rispetto a tanti concorrenti, segno di una capacità di tenuta che non si sospettava in una piazza generalmente associata a un elevato beta.
Tra le borse più rilevanti un andamento simile a quello italiano si trova a Taiwan (+1,7%), favorita dall'enorme boom dei microchip in corso (per la verità ha subito una forte sciacquata di recente a livello di quotazioni) e probabilmente da un effetto di rotazione dalla Corea, che era stata una delle star dell'anno passato. Per il resto solide performance si trovano da parte del Merval argentino (+4% circa) e del Bovespa brasiliano (+10,7%), oltre che in Russia (+6%).
Si tratta ovviamente di paesi che stanno uscendo adesso da una profonda crisi durata anni e che quindi per certi versi sono abbastanza simili all'Italia. Con ciò si intende dire che la buona performance di questi asset è a testimonianza del fatto che comunque gli investitori credono ancora al quadro di ripresa generale. Anche se c'è angustia e incertezza su ciò che vogliono fare gli americani, che rischiano di ammazzare un ciclo che però di per sé sarebbe ancora interessante.
In pratica, se dovessimo metterla con una battuta, per il momento il protezionismo di Trump non è in grado di fare desistere gli istituzionali di tutto il mondo dall'opportunità di sfruttare alcune delle migliori occasioni turnaround value in giro per il pianeta. Il tutto poi mentre comunque l'Italia rimane agli ultimissimi posti per crescita economica. Se infine consideriamo che l'indice bancario del Ftse Mib mantiene un incremento di oltre il 6% da fine 2017, allora davvero possiamo considerare il nostro paese come una sorta di ultima trincea della propensione al rischio mondiale.
Se la situazione nostrana dovesse aggravarsi, però, si aggiungerebbe un ulteriore tassello al fascicolo di prove e indizi che il lungo mercato toro di questi anni è, se non morto, quanto meno afflitto da seri problemi di salute.