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Fed e Bce hanno preso strade diverse
Per ora, la Banca centrale europea sembra determinata nel proseguire la propria politica sui tassi di interesse, mentre la Federal Reserve prosegue con il rialzo del costo del denaro. Di conseguenza, ultimamente i costi di hedging si sono presi il meglio offerto a chi investe in euro nel mercato statunitense.
Ad oggi, infatti, il costo annuale di copertura di un investimento denominato in dollari per chi investe in euro è intorno al 2,75%. Quindi, anche se il rendimento di un’obbligazione può sembrare interessante se espresso in dollari, quando un investitore europeo attua una ricopertura in euro, cancella una larga parte di quanto ottenuto.
Secondo Flavio Carpenzano, fixed income portfolio manager di AllianceBernstein, ciò non significa che si dovrebbero abbandonare le esposizioni globali. Per il money manager ci sono alcuni aspetti da considerare.
I costi di copertura non se ne andranno quest’anno
Il differenziale tra il tasso di interesse di breve termine Usa e quello europeo rimarrà ampio. La Fed sta proiettando per quest’anno tre ulteriori rialzi dei tassi, mentre la Bce nessuno. Non applicare una copertura ai propri investimenti in dollari potrebbe però rivelarsi rischiosi, dato che posizioni unhedged potrebbero aumentare la volatilità dell’investimento e stendere un velo di incertezza all’interno del portafoglio. Il dollaro ha tenuto un comportamento non convenzionale durante lo scorso anno, seguendo il ping pong tra outlook e retorica di governo. Un dollaro più forte non è un dato di fatto.
Il ritorno dell’Europa
Gli elevati costi di copertura da dollaro ad euro hanno recentemente ricollocato parte del valore relativo verso gli asset obbligazionari europei. I bassi rendimenti del comparto investment grade e l’approssimarsi della fine del Quantitative Easing, tuttavia, frenano questa corsa al Vecchio Continente. Gli investitori hanno bisogno di poter navigare in maniera flessibile un potenziale aumento della volatilità del mercato europeo e ridurre il loro rischio duration per non rimanere sorpresi nel caso di un riprezzamento dei tassi in Europa.
Alcune esposizioni globali restano comunque interessanti
Investire su titoli di diversi settori e aree geografiche offre vantaggi in termini di diversificazione. Ad esempio, anche se le aspettative di rendimento devono essere abbassate, i mutui ipotecari statunitensi sono uno strumento con una bassa correlazione con i tradizionali comparti del reddito fisso e alcuni titoli come i Credit Risk Transfer pagano una cedola a tasso variabile che offre protezione dal rialzo dei tassi. Queste caratteristiche sono utili in un’ottica di diversificazione di portafoglio.
Le risposte sono vicino a casa
In conclusione, dopo anni di globalizzazione per l’universo del reddito fisso, l’Europa torna di moda. Il gestore crede che un mix bilanciato di obbligazioni europee attentamente selezionate possa offrire un ritorno di oltre il 2,3% con un rating di portafoglio mediamente investment grade, superando così i limiti di un mondo di tassi bassi in Europa.
Non ci sono molte teorie sul mercato del reddito fisso che non siano già state testate negli ultimi anni. Poco dopo il taper tantrum del 2013 i rendimenti di titoli di stato e bond corporate hanno continuato a scendere, con il rendimento del decennale tedesco che ha sfiorato lo 0%. In questa “nuova normalità”, l’investitore europeo ha espanso il proprio portafoglio fixed income a livello globale, sfruttando le possibilità offerte da titoli di altre aree che offrivano maggiori rendimenti, dalle obbligazioni corporate Usa al debito dei mercati emergenti. Potrebbe essere tornato, però, il momento di rivedere opportunità d’investimento in Europa. I maggiori costi di hedging e un posizionamento più favorevole all’interno del ciclo economico, infatti, stanno riaccendendo i riflettori sul Vecchio Continente.