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Il vantaggio indiano
Vale la pena tornare sul mercato indiano, che, come abbiamo visto in un precedente articolo, costituisce una sorta di unicum nel panorama attuale degli emergenti. In particolar modo esso ha finora mostrato un andamento invidiabilmente forte, un caso alquanto inusuale, se si considera il fatto che comunque il gigante del sud dell'Asia è un paese con un saldo con l'estero in deficit cronico, un sistema finanziario ancora fragile, finanze pubbliche non entusiasmanti e una moneta che di conseguenza è debole.
E nel periodo intercorso tra il primo articolo e questo il dollaro ha messo a segno un nuovo record storico nei confronti della rupia indiana, oltre quota 70. Nel frattempo, però, il Sensex, il maggiore indice borsistico del mercato di Mumbai, dopo un minimo di volatilità è riuscito a riportarsi sui massimi. Dunque appare evidente che gli investitori internazionali e quelli domestici sono disposti ad accordare all'equity indiano un credito che non è molto comune di questi tempi, non solo fra le nazioni in via di sviluppo.
È interessante a questo punto analizzare il perché dell'eccezione indiana, che, lo ricordiamo, non è un fenomeno dell'altro ieri. Infatti è dall'avvento dell'era Modi che il Sensex sta sovraperformando praticamente qualsiasi altro benchmark azionario emergente, anche al netto della svalutazione della moneta, e in maniera tanto più impressionante se si considera la volatilità relativamente contenuta.
Partiamo da una considerazione: è sempre pericoloso, per quanto inevitabile (e anche affascinante) basarsi sul passato per estrapolare i trend finanziari futuri. Detto ciò, nell'ultimo quinquennio l'India ha mostrato le tipiche caratteristiche, per quanto possibile per un listino azionario, di un porto sicuro. Questo fatto è avvenuto grazie al forte alfa generato, accompagnato da minore beta, specialmente nelle fasi di forte avversione al rischio.
La definizione di safe haven per una nazione che presenta ancora problemi di povertà paragonabili a quelli dell'Africa e rischi e instabilità politica non certo irrilevanti, potrebbe portare molti a sorridere. In effetti la definizione è volutamente paradossale, però se osserviamo la composizione dell'equity locale troviamo fra i maggiori titoli conglomerate che operano nelle industrie di base, nei beni di largo consumo, banche private (in condizioni largamente migliori rispetto ai concorrenti pubblici e fra i temi più promettenti per sfruttare il processo di crescita indiano) e infrastrutture.
Il Sensex in pratica è un listino ciclico, con un beta piuttosto elevato nei confronti del ciclo economico locale. Per certi versi esso ricorda la composizione dell'azionario cinese prima della crisi finanziaria e prima dell'avvento dei colossi tecnologici locali. Con una differenza però: quello finora mostrato dall’India è un andamento molto più prevedibile, stabile e coerente, da parte del proprio mercato azionario rispetto alla crescita locale.
Il Dragone, infatti, sembra vivere di improvvise bolle da parte degli investitori retail domestici, in realtà più interessati all'immobiliare rispetto a qualsiasi altra forma di investimento: un rerating dell'equity della Repubblica Popolare si avrà solo in presenza di una base più solida e diversificata di investitori, in particolar modo istituzionali. L'India finora, nel proprio processo di ammodernamento di base, largamente più indietro rispetto a quello cinese, ha dimostrato di potere traslare l’indubbia crescita in profitti aziendali, riconosciuti da capitali, sia domestici sia internazionali, che stanno con costanza spingendo al rialzo le quotazioni.
Ovviamente è difficile per qualsiasi analista esterno avere un'opinione netta sulla qualità dell'amministrazione Modi: in una nazione grande e variegata come l'India probabilmente bisogna vivere sul campo per un periodo prolungato per avere un polso accurato dei cambiamenti. Ma è indubbio che finora si è verificato un fenomeno: una precisa corrispondenza fra crescita economica e andamento della borsa, anche in presenza di una divisa strutturalmente debole e di una forte inflazione. Questa caratteristica rappresenta un pilastro importantissimo per investire a lungo termine.