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Bond emergenti, non solo buio
Non è un mistero che il 2019 si presenti come un anno di incertezze pressoché totali, dove rischi di sfascio e di nuova crisi finanziaria si accompagnano a speranze di ripresa, che da alcuni dati non sono neppure troppo campate per aria. Il discorso è ancora più vero per il variegato panorama dei mercati emergenti, che ha in realtà vissuto un 2018 meno pessimo di quello che si potrebbe pensare se si leggono solo i titoli dei mass media.
Questo insieme di mercati, infatti, oggi da una parte deve gestire gli squilibri e i problemi endogeni di alcune economie particolarmente fragili (Argentina e Turchia in primis, ma anche Brasile, India, Indonesia e Messico, che non sono in posizioni super solida) e dall'altra il rallentamento dell'economia globale, che rischia di avere in Cina uno dei principali epicentri. Il colosso asiatico, infatti, con ogni probabilità nel 2019 mostrerà la crescita più contenuta da almeno 30 anni a questa parte, con la possibilità di finire al di sotto del 6%.
Inutile o quasi aggiungere che ciò non avrebbe effetti benefici per le economie dell'area, Giappone incluso, per non parlare dei produttori di materie prime. Questi elementi, però, non sono una novità e potrebbero benissimo essere in parte già scontati all'interno degli asset emergenti. Se il 2019 dovesse vedere un ritorno della propensione al rischio, è chiaro che tante valute, tante azioni e tanti bond di quel variegato universo potrebbero godere di una forte ripresa.
A favore della tesi di una ripresa degli emergenti vi sono anche alcuni dati recenti, specificatamente il fatto che nell'abominevole andamento dei mercati negli ultimi tre mesi a mostrare le performance peggiori sono state quelle dei paesi sviluppati. In qualche maniera, invece, gli emerging sembrano avere già affrontato la dura realtà nei primi mesi del 2018.
A riprova di quanto affermato, è interessante osservare le performance nell'anno appena terminato di diversi segmenti dell'obbligazionario.
Innanzitutto le divergenze sono state piuttosto marcate all'interno dello stesso reddito fisso e in maniera non del tutto prevedibile: i titoli corporate investment grade emergenti hanno mostrato alla fine un ytd intorno a -2%, a fronte del -4,2% complessivo del sovereign locale. Quest'ultimo insieme poi, a livello di emissioni in valuta locale ,ha mostrato -6,2%.
Peraltro gran parte dell’andamento è stato dovuto alla situazione disastrosa di alcune economie particolarmente fragili. Il comparto corporate, invece, presenta anche nomi di una qualità creditizia che in molti casi non ha niente da invidiare alle controparti delle economie più ricche e per di più la maggior parte di questi bond è denominata in valuta pesante.
Se poi ci limitiamo all'insieme dei corporate investment grade, la performance del 2018 è risultata pari a -1%, a fronte di perdite quasi quadruple da parte dell'equivalente statunitense. Il comparto dei corporate bond Usa, infatti, ha per certi versi vissuto un'annata ancora più disastrosa rispetto all'azionario, fra downgrading verso la soglia dell'high yield a ritmi record, preoccupazioni circa l'eccesso di leva aziendale e un'elevata duration che, in situazione di avversione al rischio, si è dimostrata foriera anche di allargamenti notevoli degli spread.
Negli ultimi mesi, inoltre, gli investitori sono tornati a fare un minimo di rotazione, quanto meno a riconoscere che se ci sono alcuni guai all'interno di molte economie in via di sviluppo, esse non sono poi così tutte da buttare via e che anzi, in diversi casi, molte loro aziende mostrano di non avere nemmeno problemi endogeni rispetto a Usa ed Europa (per non parlare del Giappone). Pertanto, a volere essere ottimisti, si vedono già i prodromi della possibilità di avere un anno di sovraperformance nel caso di ripresa del quadro generale. Al tempo stesso se stiamo andando incontro a una nuova crisi, di luoghi per nascondersi, a parte la liquidità, non è che ce ne siano molti. In pratica, forse per la prima volta da un anno a questa parte, il paradigma di rischio rendimento di almeno alcuni asset emergenti è relativamente favorevole, o quanto meno non peggiore rispetto a molte altre alternative.