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Il petrolio ha scontato una recessione non pervenuta
Il prezzo del barile di petrolio di tipo Brent –quello di riferimento per il mercato europeo- è sceso fino a toccare i 50 usd al barile lo scorso 24 dicembre, accumulando un calo del 41% rispetto ai massimi dell’anno registrato lo scorso ottobre.
Gli analisti ritengono che la quotazione del 24 dicembre rappresenti un livello floor per il barile di brent nel medio termine. Tale quotazione inglobava e scontava uno scenario molto pessimista per la crescita dell’economia globale e una conseguente debolezza della domanda di greggio. Da quei minimi, la quotazione ha recuperato circa il 19% e si posiziona attualmente introno ai 59 dollari.
Secondo alcuni esperti del settore energy, l’accordo siglato tra i paesi membri del cartello petrolifero Opec e i suoi alleati per tagliare la produzione di 1,2 mln di barili giornalieri, il tracollo subito dalla produzione in Venezuela e Iran e i saliscendi manifestati dalla produzione di alcuni paesi produttori instabili (Libia e Nigeria), potrebbero essere sufficienti a riportare la quotazione media del barile di brent nel corso del 2019 in prossimità dei 70 usd.
Ragioni a supporto del recupero della quotazione nel 2019
Cresce il numero di esperti che ritiene sia stato eccessivo il calo delle quotazioni del barile. Il movimento è giustificato solo dall’aver scontato l’arrivo di uno scenario troppo negativo per l’economia globale nel 2019. Passata la bufera di fine 2018, nonostante la presenza di rischi in accumulazione e di una maggiore volatilità sui mercati, un numero crescente di esperti ritiene che le prospettive siano relativamente buone per il 2019.
I mercati hanno reagito in modo brusco alla pubblicazione di una serie di dati che mostrano una sensibile contrazione della crescita del Pil in alcune macro-aree. Anche se questi indicatori evidenziano un rallentamento tipico della fase conclusiva di un ciclo economico espansivo, i mercati hanno interpretato il tutto come le prime avvisaglie dell’arrivo imminente di una fase recessiva. La quotazione del petrolio è stata rapidamente contagiata da quest’ipotesi ed ha patito marcatamente gli scenari delineati dai più pessimisti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il prezzo ha sperimentato un andamento degno delle montagne russe.
L’Opec e gli Usa
La combinazione tra tagli apportati dall’Opec e decelerazione dell’attività petrolifera negli Stati Uniti, sarà in grado di determinare un tetto all’offerta nel 2019. Fino a questo momento, la fase iniziale del nuovo anno è stata favorevole al recupero delle quotazioni, che si sono riportate a ridosso dei 60 usd al barile. Il taglio dell’Opec e le esenzioni concesse da Trump a diversi paesi per poter continuare ad acquistare petrolio iraniano, lasciano ancora spazi di recupero al prezzo. Le esenzioni scadranno in aprile, in coincidenza della data fissata dall’Opec per rivedere nuovamente i pesi produttivi.
L’Opec tornerà a riunirsi ad aprile. Se il recupero delle quotazioni sarà duraturo, gli esperti ipotizzano che il cartello non avrà bisogno di ampliare l’accordo relativo ai tagli alla produzione. Un mercato più equilibrato nella seconda metà dell’anno, dovrebbe garantire una maggiore stabilità. La chiave dell’equilibrio è l’evoluzione della domanda di petrolio (variabile che ha mosso le quotazioni nella parte finale del 2018). Le turbolenze sui mercati e i timori per una decelerazione dell’economia hanno alimentato aspettative molto negative per la domanda di greggio. Se i dati dovesser mostrare una decelerazione lieve, la situazione potrebbe migliorare in tempi non lunghi.