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Auto elettrica: chi guadagna con la mobility green
L’attuale decennio segnerà l’affermazione delle auto elettriche. L’industria della componentistica, da quella dei chip a quella delle batterie, sarà la maggiore beneficiaria di questa svolta green della mobilità. I titoli del settore, secondo gli esperti, sono sottovalutati.
Il mondo dei trasporti è a una svolta e gli investitori stanno cercando di capire dove risiedono le migliori opportunità: perché, come continuano a ripetere gli esperti, non è detto che chi più investe in questo momento avrà in futuro il ritorno più ampio. L’onda verde in questa fase sta spingendo le case automobilistiche a grandi investimenti, così grandi che hanno costretto molti produttori ad associarsi (nella ricerca e sviluppo) per non perdere il trend dell’auto elettrica. Ma questo, secondo l’analisi che arriva da Morningstar, è destinato ad avere un impatto marginale sulla crescita dei ricavi mentre danneggerà i margini di profitto nel breve periodo. Il vero affare della transizione, invece, potrebbe essere per le aziende di componentistica maggiormente esposte al segmento elettrico.
Le BEV all’attacco del dominio dei motori endotermici
Entro il 2030, secondo le stime di Morningstar, le auto elettriche rappresenteranno il 30% del totale delle nuove immatricolazioni a livello globale. La crescente regolamentazione sui livelli di inquinamento dell’aria in tutto il mondo e i programmi di molti Paesi di messa al bando dei veicoli con motore a combustione (ICE) rafforzano l’idea che questo decennio segnerà la definitiva affermazione sul mercato delle vetture elettriche (BEV, battery electric vehicle). La transizione verso questo segmento, secondo l’analisi, comunque non rappresenta di per sé un’occasione per investire direttamente nel settore automobilistico ma potrebbe esserlo, invece, per alcune azioni dell’industria della componentistica che presentano, in prospettiva, interessanti potenzialità (nei campi delle batterie, dei microchips).
Perché in questa fase le case automobilistiche hanno meno appeal
I produttori di auto si scontrano con alcune criticità. Da una parte stanno sostituendo parte della produzione di veicoli ICE con quella di auto BEV, con un effetto netto irrilevante dal punto di vista delle vendite e, per contro, con un impatto negativo sui margini di profitto nel breve periodo. Senza contare che oggi lo sviluppo delle auto elettriche richiede elevate spese, alle quali si aggiunge il costo per le forniture di batterie al litio, più alto ora a causa del rincaro delle commodity, mentre i bassi volumi di produzione non permettono per ora di realizzare economie di scala significative. Solo quando il mercato delle BEV avrà raggiunto un volume critico, stimano gli analisti di Morningstar, i margini di profitto di questo segmento potrebbero stabilizzarsi su livelli superiori a quelli medi attuali del settore auto.
Gli investitori sottostimano il settore della componentistica
Al momento, nonostante questo scenario di fondo sfavorevole ai produttori automobilistici, gli investitori sembrano sottovalutare gli effetti positivi che la transizione avrebbe invece per alcune aziende che si occupano di componentistica per i propulsori elettrici. Infatti, il mercato pesa maggiormente le difficoltà che questo settore sta affrontando in questa fase: dai problemi alle catene di approvvigionamento all’aumento del costo delle materie prime, all’inflazione. Tutti fattori che, in verità, rappresentano comunque una minaccia per i margini. Da rilevare, a riguardo, che l’industria della componentistica ha ceduto il 15% (da gennaio a metà novembre) sottoperformando largamente il comparto del manifatturiero nel complesso, il quale ha ceduto poco più del 5%.
Trend fatturato superiore a quello dei produttori di auto
Al contrario, secondo le previsioni degli analisti di Morningstar, il comparto ha buone basi per crescere. L’atteso aumento delle vendite di auto elettriche, assieme all’incremento dei ricavi per veicolo BEV, dovrebbero favorire una crescita media del fatturato delle imprese di componentistica nel lungo periodo compreso tra il 3% e il 6% e, soprattutto, superiore a quello dei produttori di auto, che invece non dovrebbero superare il 3%. Tuttavia, anche per l’assenza di una massa critica e per gli elevati investimenti richiesti, è possibile che anche le imprese della componentistica debbano soffrire di un calo dei margini e, di riflesso, tempi di attesa più lunghi prima che i capitali investiti si traducano in liquidità di cassa.