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BCE: taglierà ancora e lo farà a ogni riunione del 2025
L'incertezza legata alla politica commerciale, soprattutto a causa dei dazi Usa e della guerra commerciale con la Cina, potrebbe ridurre gli investimenti e rallentare la ripresa economica. Inoltre, i dazi aumentati potrebbero causare disinflazione, abbassando l'inflazione di base nell'Eurozona.
![presidente della bce christine Lagarde, presidente della bce](https://img.gruppomol.it/articoli/image/bce/1200x799_lagarde.jpg)
La Bce, come ampiamente atteso dal mercato, ha ridotto di 25 punti base i tassi di riferimento, portando al 2,75% quelli sui depositi presso lo sportello ufficiale, al 2,90% quelli sulle operazioni di rifinanziamento principali e al 3,15% quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginali. Si tratta del quarto taglio consecutivo e il quinto da giugno: agli operatori rivela che l’Eurotower è al momento più preoccupata della debolezza dell’economia dell’area che della resistenza manifestata ancora dall’inflazione (primo ‘fattore’ d’influenza della sua politica monetaria). Anche perché gli stessi policymaker prevedono che la debolezza dell'attività spingerà progressivamente l'inflazione verso il target del 2% per dicembre (come rivelano per altro le ultime stime della Bce).
Fiducia di vedere l’inflazione al 2% entro dicembre
C’è infatti sempre più fiducia, ha ammesso la stessa Presidente, Christine Lagarde, di centrare questo obiettivo. Pertanto, secondo Tomasz Wieladek, chief european economist di T. Rowe Price, è molto probabile che la Bce continui a ridurre i tassi anche nelle prossime riunioni, compresa quella in calendario per il 13 marzo. Quello che succederà dopo il prossimo appuntamento diventa però più fumoso, come testimonia il cambiamento delle ‘scommesse’ incorporate dai mercati finanziari. Attualmente, le aspettative suggeriscono che la Bce potrebbe ridurre la frequenza dei tagli, passando da un ritmo trimestrale a uno più graduale. Il principale timore è che, man mano che il tasso di deposito si avvicina al 2% — tasso neutrale, che non stimola né frena l'economia — l’Istituto possa diventare meno incline a proseguire con ulteriori riduzioni.
I tassi verso l’1,5%, ma c’è il dubbio sui dazi Usa
All’interno della società di gestione, riferisce però Wieladek, c’è più ottimismo: ritengono che i prossimi dati macroeconomici continueranno a esercitare una pressione costante sull’Eurotower, spingendola a procedere con tagli dei tassi in ogni riunione, fino a quando il tasso di deposito non scenderà intorno all'1,5%. Tale previsione, precisa, non è tuttavia priva di sfide, in quanto l'incertezza legata alla politica commerciale globale (accresciuta con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca) resta elevata. In particolare, il rigido approccio dell’Amministrazione statunitense in merito ai dazi e alle politiche protezionistiche genera una notevole volatilità nei mercati e nei piani delle imprese. Al momento, infatti, molte aziende sono ancora in attesa di capire come si evolverà il quadro commerciale internazionale prima di prendere decisioni cruciali sugli investimenti.
Vale a dire: più incertezza sul lungo periodo, investimenti più bassi e, quindi, un freno alla ripresa dell'attività economica. Il rischio, fino a quando non si dissiperanno i timori legati al commercio mondiale, è di vedere un’economia in acque turbolente.
La guerra commerciale potrebbe generare disinflazione
Per quanto riguarda l'inflazione, secondo Wieladek, l'introduzione o l'ulteriore incremento dei dazi statunitensi sulla Cina (dal primo di febbraio Washington li ha già alzati al 10%) potrebbe avere l'effetto di ampliare la capacità produttiva inutilizzata a livello globale, soprattutto per quanto riguarda i beni scambiati a livello internazionale. Questo scenario potrebbe tradursi in una maggiore offerta di beni, riducendo i costi e favorendo una disinflazione nei settori legati alla produzione cinese. Di conseguenza, aggiunge l’esperto, l'effetto di questa disinflazione potrebbe riversarsi in un raffreddamento dell'inflazione di base, misurata tramite l'IPC (Indice dei Prezzi al Consumo), che potrebbe risultare nell’Eurozona più debole rispetto alle previsioni iniziali nella seconda metà dell'anno.
Una sorpresa sui tassi potrebbe arrivare dal Giappone
Ma bando all’eccessivo ottimismo: la Bce ha infatti ribadito che per definire la direzione più appropriata della sua politica adotterà un approccio basato sui dati, prendendo decisioni caso per caso in ogni singola riunione. Anche perché dovrà confrontarsi con quello che deciderà nel frattempo la Fed che, proprio a fine gennaio ha confermato – in linea con le previsioni – il tasso di riferimento al 4,25-4,50%. Si tratta di una pausa del ciclo ribassista che l’Istituto Usa ha iniziato a settembre. Nessuna decisone inaspettata, dunque, dalla Fed né dalla Bce. Invece una sorpresa, secondo Russel Matthews, senior portfolio manager, Global Macro di RBC BlueBay, potrebbe arrivare dal Giappone. Il gestore, infatti, suggerisce di monitorare l'andamento dello yen: prevede un suo rafforzamento nel 2025, soprattutto perché ritiene che la BoJ alzerà i tassi più di quanto oggi sconti il mercato.
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