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Bond: dove scovare valore tra i Paesi emergenti e sviluppati
I Paesi emergenti sembrano avere opportunità migliori rispetto ai Paesi sviluppati perché si trovano in vantaggio nel controllo dell’inflazione. Gli esperti concentrano le loro esposizioni in America Latina e monitorano anche la liquidità e la duration per garantire diversificazione e stabilità.
Gli investitori hanno preso atto che i tassi d’interesse sono destinati a rimanere alti più a lungo (higher for longer) e, di riflesso, si muovono in un contesto di mercato alquanto incerto. In pratica, fanno i conti con una politica monetaria globale che permane restrittiva, con un'economia che sperimenta al contempo un rallentamento della crescita e un'inflazione di fondo che rimane vischiosa. Infatti, osserva - tra gli altri - Quentin Fitzsimmons, co-portfolio manager, dynamic global bond strategy di T. Rowe Price, che anche se l'inflazione complessiva è scesa dai picchi visti nel 2022, quella di fondo ha avuto un andamento meno benevolo, a causa di un mercato del lavoro robusto che ha sostenuto i salari e ha tenuto le Banche centrali particolarmente in ansia. Questo loro atteggiamento si è tradotto in una visione di una politica monetaria restrittiva più a lungo termine, facendo salire i rendimenti obbligazionari e accentuando la pendenza delle curve.
La questione dei tagli dei tassi
Sulla base di questo scenario, e comunque non trascurando gli indicatori in crescita (com’è il caso degli indici PMI), in sede di T. Rowe Price si preferisce la strategia di una posizione lunga sul dollaro statunitense e una inclinazione a favore di curve più ripide, dato il suo profilo di bene rifugio e l’intenzione della Federal Reserve di prolungare la politica restrittiva. Se si esclude un ulteriore probabile rialzo dei tassi da parte della Fed il prossimo novembre, le principali Banche centrali continuano a lanciare segnali secondo i quali dovrebbero avere creato condizioni finanziarie sufficientemente restrittive per riportare l'inflazione ai livelli target. Fitzsimmons ritiene che sia effettivamente così, anche se subito dopo aggiunge che la questione dei tagli dei tassi è, appunto, una diversa questione. La spada di Damocle resta sempre il percorso dell’inflazione, la cui incerta dinamica alimenta la prudenza degli investitori.
L’inflazione core non rallenta abbastanza
Infatti, solo in apparenza i dati sull'inflazione di agosto sono stati buoni, mentre un'analisi più approfondita della statistica al netto delle voci alimentari, dell’energia e degli alloggi (nota come ‘supercore’), suggerisce che i progressi si sono fermati. Diventa quindi probabile, secondo il gestore, che la Fed mantenga i tassi di interesse in territorio restrittivo per un periodo prolungato, sfidando la narrativa e i prezzi di mercato che scommettono che i tagli arriveranno nel 2024. Infatti, anche se hanno comunicato di fatto la fine del ciclo rialzista, le Banche centrali hanno posto l’accento sulla necessità di tenere alta la guardia sui rischi d’inflazione. Questo significa, secondo l’esperto, che i tassi rimarranno probabilmente elevati a meno che l’economia dell’Eurozona non s’indebolisca drasticamente e rapidamente. Il contesto sembra quindi più favorevole ai Paesi emergenti rispetto alla situazione sperimentata dai mercati sviluppati.
I bond diventano più interessanti
Alcuni mercati emergenti sono stati tra i primi ad aumentare i tassi nel 2021 per affrontare le crescenti pressioni inflative e difendere la propria credibilità. Quelli che si sono mossi per primi hanno offerto opportunità per aggiungere duration a livelli di carry interessanti e – in base a tali considerazioni – T. Rowe Price si è esposta soprattutto in America Latina. Tuttavia, poiché c’è stato un recupero successivo dei mercati sviluppati, tali valutazioni sono diventate meno attraenti e si è preferito concentrarsi sulla gestione della duration dei tassi chiave. Nel dettaglio, spiega Fitzsimmons, la parte centrale della curva dei Paesi sviluppati appare promettente, dato il livello dei rendimenti offerti e le scarse prospettive di crescita a medio termine. Questa strategia, aggiunge, può sembrare in anticipo rispetto al mercato, quindi non si esclude un eventuale irripidimento delle curve dei rendimenti, sia in senso tradizionalmente rialzista che ribassista.
Portafogli tra diversificazione e bilanciamento duration
La strategia di T. Rowe Price è quella di continuare a gestire la duration del portafoglio con attenzione, cercando esposizioni in Paesi con fasi politiche diverse: alcune più lunghe e altre più brevi. Al momento, afferma Fitzsimmons, il focus è sulla narrativa ‘higher for longer’, combinata con la prospettiva di peggioramento delle condizioni di liquidità che dovrebbe spingere al rialzo i rendimenti a lungo termine. Di riflesso, c’è stata una riduzione della duration complessiva del portafoglio, pur mantenendo una preferenza per gli Stati Uniti e l'Eurozona, considerata la difficile dinamica di crescita sul medio termine. Per contro è stata aumentata la duration relativa al Regno Unito. Puntando alla massima diversificazione dagli asset di rischio e alla performance in contesti di mercato stressati, in T. Rowe Price si preferisce quindi detenere un'elevata allocazione in asset liquidi di alta qualità, come i bond sovrani. Una strategia che ha due obiettivi.
Tra gli emittenti sovrani spiccano Messico e Colombia
Da una parte questo è un modo che limita il rischio di liquidità e, allo stesso tempo, fornisce ai clienti la possibilità di accedere a capitali liquidi quando ne hanno bisogno, soprattutto durante periodi di illiquidità di mercato. In particolare, in sede di T. Rowe Price si punta su emittenti sovrani come il Messico e la Colombia, in una logica legata al processo di investimento che ha individuato il buon valore intrinseco fornito da queste Banche centrali rialziste. Negli ultimi tempi, ammette tuttavia il manager, c’è stata una moderazione delle esposizioni in questo ambito poiché i rendimenti più elevati dei mercati core o sviluppati inizieranno a competere con quelli dei Paesi emergenti.