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Economia: Fmi taglia stima Pil globale e dell’Italia
L’economia globale, e con essa quella italiana, sta frenando. Secondo l’FMI la crescita del Pil mondiale si ridurrà al 3 per cento nel 2023 e al 2,9 nel 2024. Il rincaro del greggio e il nuovo conflitto in Israele rischiano di avere un impatto negativo ulteriore. Ritmo migliore per gli Usa.
L’economia italiana ha perso slancio, in sintonia con quella mondiale, principalmente a causa dei postumi di lungo termine (recessione profonda anche se breve) della pandemia, delle conseguenze del rincaro del costo del denaro, dell’impatto della guerra in Ucraina e dell’aumento della frammentazione geoeconomica. È quanto emerge dall’aggiornamento del World Economic Outlook dell’Fondo Monetario Internazionale che, alla presentazione, ha sottolineato quanto questo quadro si trovi ora ad affrontare ulteriori incertezze (in particolare per quanto riguarda i prezzi del petrolio) alimentate dalla nuova guerra scoppiata tra i palestinesi di Hamas e lo Stato di Israele.
+0,7% il Pil italiano nel 2023 e nel 2024
Per quanto riguarda la crescita dell’Italia, l’FMI ha corretto le previsioni, riducendole rispetto alle indicazioni contenute nel rapporto di luglio (quando invece si ipotizzava addirittura di un possibile miglioramento) di 0,4 punti a +0,7% per quest’anno e di 0,2 punti – sempre a +0,7% - per il prossimo. La frenata che colpisce il nostro Paese risulta più pronunciata del rallentamento previsto per l’Eurozona, la cui economica dovrebbe crescere dello 0,7% nel 2023 (contro 3,5% nel 2022) per poi accelerare a +1,2% nel 2024. Probabilmente l’Italia sconta il suo stretto legame con l’economia della Germania, per la quale è attesa una recessione per quest’anno (-0,5%) e una modesta ripresa (+0,9%) nel prossimo.
Il nostro debito cala troppo lentamente
L’Italia necessita di una maggiore ambizione nell’affrontare il problema del debito. Così i tecnici dell’FMI, secondi i quali il debito pubblico del Paese è destinato a scendere molto lentamente e rimane, comunque, ben sopra il livello registrato prima della pandemia. Occorre adottare riforme strutturali al fine di aumentare il potenziale della nostra crescita economica. Il problema in numeri: gli esperti del Fondo Monetario Internazionale indicano per quest’anno un debito pubblico al 143,7%, livello che scenderà al 143,2% nel prossimo e al 140,1% nel 2028. Per quanto riguarda le previsioni sul deficit, queste lo indicano al 5% per il 2023 e al 4% per il 2024.
I vantaggi degli Usa
Nell’Eurozona, andrà meglio alla Francia, attesa crescere dell’1% nel 2023 e dell’1,3% nel 2024. Per gli Stati Uniti, grazie alla loro indipendenza energetica e alla ‘distanza’ dalla guerra in Ucraina, l’FMI ha rivisto al rialzo stime per quest’anno al 2,1% (stabile dal 2022) e all’1,5% per il 2024 (contro l’1% indicato a luglio). Le incertezze economiche della Cina dovrebbero diventare più concrete: l’FMI ha infatti tagliato di 0,2 punti al 5% la crescita di quest’anno e di 0,3 al 4,2% quella del prossimo. Per la Russia, nonostante le sanzioni, l’FMI ha rivisto in rialzo le proprie stime, al 2,2% per il 2023 (+0,7 punti rispetto al 2022) e comunque in calo di 0,2 punti all’1,1% per il 2024.
La crescita mondiale si riduce a +3%
L’FMI prevede per quest’anno un rallentamento della crescita mondiale al 3% dal 3,5% dello scorso anno e, per il 2024, al 2,9% (dal +3% indicato a luglio). Questo ritmo è inferiore alla media storica del 3,8% registrata tra l’inizio del secolo e il 2019. La frenata più marcata riguarderà i Paesi più avanzati, che nel 2023 accuserebbero una decelerazione all’1,5% dal 2,6% del 2022, per poi scivolare all’1,4% nel 2024. Il Fondo, se da una parte ammette che è ancora troppo presto per valutare gli effetti della nuova guerra in Israele, dall’altra calcola che un eventuale aumento del prezzo del greggio del 10% ridurrebbe la crescita mondiale dello 0,15% e avrebbe anche un effetto inflativo stimato allo 0,4%.
I tassi alti portano a un atterraggio morbido
La congiuntura globale, pur mostrandosi resiliente, secondo l’Fmi nell’ultimo triennio, a causa di shock come il Covid-19 e il conflitto Russia-Ucraina, ha ridotto l’attività economica globale di quasi 3,7 triliardi di dollari. Tuttavia, grazie all’aggressiva politica monetaria delle Banche centrali di tutto il mondo, sono stati riportati sotto controllo i prezzi e, in qualche modo, senza gravi ricadute sul mercato del lavoro. Insomma, secondo gli stessi economisti del Fondo, sono le basi per un atterraggio morbido, cioè battere l’inflazione senza provocare una recessione. L’FMI per quest’anno stima una discesa dell’inflazione globale al 6,9% dall’8,7% del 2022, e nel prossimo proseguirà la discesa al 5,8%.
Il problema del debito è comune
Il rientro delle tensioni dei prezzi sarà pilotato dai tassi d’interesse, che potrebbero restare alti più a lungo del previsto. Per questo, consigliano gli economisti del Fondo, i Paesi dovrebbero privilegiare politiche di bilancio prudenti al fine di non aggravare ulteriormente la situazione delle casse pubbliche, uscite piuttosto malconce dopo le politiche espansive adottate dagli Stati durante la pandemia. Ma su questo punto già si vedono i segnali di un’inversione di marcia da parte dei Paesi, alla luce di un debito che viaggia ormai su livelli record. L’FMI, infatti, annovera tra i fattori che hanno contribuito al rallentamento dell’economia mondiale proprio la riduzione dei sostegni fiscali.