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Bond: torna il valore per le emissioni high yield
I bond ad alto rendimento sono tornati a riconoscere valore agli investitori, in un mercato che ha visto le imprese ottimizzare la struttura di capitale sfruttando nel recente passato i bassi tassi di interesse. Il loro tasso d’insolvenza, secondo T. Rowe Price, dovrebbe rimanere molto basso.
I fondamentali dei bond high yield, nonostante questo segmento di mercato sia stato messo sotto pressione nell’ultimo periodo, sono solidi e le attuali valutazioni non riflettono la loro forza sottostante. Questo, sostengono Mike Della Vedova e Stephen Marsh, rispettivamente portfolio manager global high income bond strategy e portfolio specialist di T. Rowe Price, suggerisce che oggi le obbligazioni ad alto rendimento sono a buon mercato rispetto agli standard storici e offrono un’interessante opportunità di acquisto per gli investitori alla ricerca di un guadagno consistente in vista di un periodo d’incertezza che attendono i mercati.
L’asset class ritrova il buffer di rendimento
Nemmeno i bond high yield sono stati risparmiati dal mix di fattori negativi che ha condizionato questi mesi tutti i mercati finanziari: dal boom dell’inflazione al rialzo dei tassi, dalla guerra al rallentamento della crescita. A giugno il rendimento effettivo dell’indice ICE BofA Euro High Yield era salito al 7,3% dal 2,8% di gennaio. Nello stesso periodo, lo spread dell'indice è passato dal 3,3% al 6,4%. Eppure, una caratteristica unica del debito high yield è il suo buffer di rendimento. Le elevate cedole, secondo i due esperti, dovrebbero fornire un ampio guadagno sufficiente a smorzare l’effetto della volatilità dei prezzi.
La storia dimostra il potente effetto di capitalizzazione
Il balzo dei rendimenti visto quest’anno ha fatto sì che questo buffer (‘scorta’) sia tornato, fornendo agli investitori un potente effetto di capitalizzazione: il rendimento a scadenza di giugno, per esempio, è stato del 7,58% rispetto a una media del 4,38% negli ultimi 10 anni. La storia recente dimostra che quando gli spread delle obbligazioni europee ad alto rendimento hanno raggiunto livelli superiori a 600 punti base, nei periodi successivi sono seguiti rendimenti elevati. A fine dello scorso maggio, lo spread-to-worst (rendimento nel caso peggiore) del debito high yield europeo era pari a 644 punti base.
C’è la minaccia di recessione
Ma questo scenario riflette semplicemente l’aumento dei tassi di default? È certamente vero, ammettono Della Vedova e Marsh, che molti emittenti di bond high yield saranno chiamati ad affrontare un contesto operativo difficile nel prossimo periodo. Da un lato, l’aumento dei prezzi dell’energia, dei salari, dei carburanti e della catena di approvvigionamento sta facendo lievitare i costi dei fattori di produzione in tutti i settori. Dall’altro, i rialzi dei tassi delle Banche centrali stanno incrementando i costi dei finanziamenti, riducendo la domanda dei consumatori e questo scenario, in ultima analisi, potrebbe portare a una recessione. Per quanto riguarda gli effetti su questa asset class, c’è da considerare che le società che si trovano ad affrontare costi più elevati assieme a una flessione dei consumi sono a maggior rischio di insolvenza: a fine giugno, il mercato prevedeva un tasso di insolvenza di poco inferiore al 5% entro 12 mesi, mentre, attualmente, il tasso di insolvenza è di appena lo 0,01%. I due esperti non ritengono che le sfide che dovranno affrontare siano così ardue dallo stravolgere il rapporto di default in pochi mesi.
Ma le imprese hanno ottimizzato la struttura di capitale
Grazie all’ondata di rifinanziamenti del 2020-2021, la maggior parte delle aziende ha in bilancio molta liquidità rispetto al debito. Hanno potuto contrarre prestiti a tassi molto bassi, di estendere le scadenze, ridurre i costi di finanziamento e ottimizzare le strutture di capitale. Alla luce di questi positivi fondamentali, in T. Rowe Price si aspettano un tasso di default dell’1,5% nei prossimi 12 mesi e del 2,5-3% nel 2023. JP Morgan stima tassi di default ancora più bassi, all’1% nei prossimi 12 mesi e al 2,5% nel prossimo anno. Entrambi sono molto inferiori al tasso di default medio ventennale del 3,2% e al 4% previsto dal mercato.
Il mercato ignora i fondamentali e guarda i dati macro
Questa chiave di lettura lascia intendere che il mercato sta prezzando un tasso di insolvenza molto più elevato perché è in gran parte guidato da timori macroeconomici e non riconosce la stabilità che i bassi costi di finanziamento hanno portato a molti emittenti di debito high yield. In altre parole, secondo Della Vedova e Marsh, gli investitori stanno ignorando i fondamentali. Naturalmente, gli spread potrebbero aumentare ulteriormente: la Fed ha recentemente sorpreso con un aumento di 75 pb invece dei 50 previsti. Tuttavia, anche se gli spread dovessero aumentare ancora, i due esperti ritengono che la probabilità di perdere denaro nei prossimi 12 mesi rimane bassa: negli ultimi 10 anni, quando gli spread hanno raggiunto i 500 e i 550 pb, gli investitori hanno ottenuto rendimenti medi positivi sui successivi orizzonti temporali di 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi e due anni.